La benedizione annuale delle case, da sempre per me un momento di gioia!

A tutt’oggi non ho ancora perduto il vecchio “vizio” di andare a “benedire le case”.

Il mio carissimo amico, già direttore della Banca Cattolica del Veneto e membro della Conferenza della San Vincenzo, a cui partecipavo ogni settimana, era solito dire in maniera scherzosa e quasi come un vezzo: «Io, don Armando, sono così affezionato a certi peccatucci che proprio non ho alcuna intenzione di abbandonarli!» In realtà alludeva a qualche convinzione o pratica personale, non universalmente condivisa, a cui egli credeva e che, pur controcorrente, egli intendeva mantenere.

Così anch’io, pur essendo rimasto fino alla pensione uno dei pochissimi parroci della città a visitare ogni anno tutte le duemilaquattrocento famiglie della parrocchia per la “benedizione annuale”, ho continuato a farlo ogni anno e per tutti i 35 anni che ho fatto il parroco.

Ora che sono “parroco” per modo di dire della borgatella delle 194 famigliole del “don Vecchi” 1° e 2°, continuo a “benedire le case” dei miei nuovi parrocchiani, ricevendo le confidenze ed ascoltando i problemi della mia gente. Ogni giorno “benedico” una decina di “case” e mi si allarga ogni giorno il cuore sentire quanto i miei parrocchiani si sentano contenti di vivere in un ambiente protetto, al caldo, senza preoccupazioni di ricevere uno sfratto e con la serenità di poter arrivare alla fine del mese senza debiti e pensieri.

Quest’anno poi, alla consolazione di sempre, mi si aggiunge il fatto che tutti, proprio tutti indistintamente, mi stanno porgendo la loro offerta, pur non richiesta, magari di soltanto cinque euro, per il “don Vecchi” di Campalto.

Questa calda ed affettuosa solidarietà mi lenisce la ferita del constatare che tanta gente piena di denaro, e tanti amministratori pubblici, così amanti dei poveri durante la campagna elettorale, continuano a lasciar cadere nel vuoto le mie accorate richieste d’aiuto.

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