Il dono di annunciare l’abbraccio paterno di Dio

Questa mattina, ho celebrato il commiato per un fratello che le onde di un mare misterioso hanno abbandonato sulla banchigia della mia cara chiesetta di legno tra i cipressi del nostro camposanto.

Avevo telefonato ad un congiunto per conoscere il “volto” di questa persona a cui avrei dovuto dare l’addio e consegnare alla paternità del Signore. Capii ben presto che uomo fosse stato il defunto dalle poche battute discrete e parche, ma più che sufficienti, per un vecchio prete come me, che da quasi sessant’anni non ha fatto altro che sentire storie di uomini e spesso raccogliere i rifiuti che le onde di un mare tempestoso abbandonano, come rami secchi, nel cuore di Madre Chiesa.

Una vita irrequieta, il fallimento di un amore nella stagione dei sogni, l’abbandono del figlio che non ha voluto riconciliarsi col padre neppure dopo la morte, un mestiere vagabondo ed una conclusione solitaria in un letto d’ospedale della periferia. Quello di stamattina è stato per me uno dei quei tanti funerali senza lacrime, senza amici e senza troppi rimpianti, tanto che i parenti avevano deciso di darne notizia ad esequie già avvenute. La parabola del prodigo, di quel ragazzo di duemila anni fa, che ha voluto far di testa sua, incantato dal luccichio suadente dei “fiori del male”, ma soprattutto del suo ritorno a quel gran Padre che aveva abbandonato, mi ha aiutato una volta ancora.

Ho invitato i presenti alla riconciliazione, che con un abbraccio caldo e coraggioso mettesse una pietra tombale sul passato, ma soprattutto a pensare non alla partenza triste e solitaria, ma all’arrivo, quando questa povera creatura avrebbe sentito il profumo della calda paternità di Dio, del suo pronto perdono, ma soprattutto di quelle dolcissime parole:
«Figlio, entra e facciamo festa, perché eri morto ed ora sei risorto».

Se un prete non avesse altra consolazione nella sua vita che poter dire queste parole, già la sua scelta e la sua esistenza avrebbero un senso e una ricompensa!

A me capita frequentemente di poter consegnare al Padre celeste “scarti di uomo” ed avvertire che Dio, con il suo abbraccio paterno, li riveste di luce. Ciò fa tanto bene a me, ma credo anche a chi partecipa al commiato.

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