Ogni tanto mi salgono alla mente certi proverbi, certi detti popolari, che mi sembrano dei segnali stradali quanto mai opportuni per raggiungere la meta.
Normalmente sono sentenze certamente, se non sapienti, almeno di buon senso, che si ricordano o per la rima o perché evocano istintivamente intuizioni o immagini che mettono a fuoco una verità o un obiettivo.
Qualche giorno fa , passeggiando lungo il vialetto che separa l’edificio del “don Vecchi” col filare di carpini, ormai possenti, che segnano oltre il prato, il confine del parco, osservavo con molto piacere la sequenza di oleandri che ora sono ancora in fiore. Essa costituisce quasi una scia colorata di bianco, rosetta, rosso e crema che ti accompagna lungo il vialetto e pare che ti sorrida con lo sguardo carico di simpatia.
Tra me e il filare di oleandri c’è una storia quanto mai impegnativa e non sempre idilliaca. Durante un torrido luglio di cinque, sei anni fa, un ipermercato ci ha regalato una ottantina di piccole piante in vaso di oleandro (al “don Vecchi”, come ad ogni ente caritativo, si regalano, come fosse oro, le cose più strampalate). Il vecchio Mario, che ora se li gode guardando giù dal cielo, le piantò scavando solo un buchetto col piccone, perché i muratori avevano seppellito sotto un lieve manto di terra tutte le macerie del cantiere. Per tutta l’estate li curarono col biberon perché non morissero in culla. Passati i primi due anni cruciali, crebbero fin troppo, creando una barriera verde che nascondeva il prato e che mi costava ogni anno più di mille euro perché non andassero a disturbare le stelle.
Pur sapendo che gli oleandri sono nati come arbusti, mi sono accorto che con un opportuno “addestramento” si adattano, pur con qualche ritrosia, ad erigersi come alberelli col fusto un po’ contorto, ma con una chioma quanto mai bella.
“Volere è potere”, dice il proverbio, ed io, come l’Alfieri, “volli, sempre volli, fermamente volli!”. Ora l’operazione non è ancora completa, però ogni giorno i miei occhi si posano con dolcezza e legittima soddisfazione su quei filari di cappellini multicolori, e penso con riconoscenza ed affetto, al vecchio Mario che mi ha lasciato in eredità tanta bellezza.