Mio padre, soprattutto nel periodo della sua vecchiaia, manifestò nei miei riguardi e nei riguardi dei miei fratelli, sentimenti di grande comprensione e grande tenerezza.
Mio padre fu una bella figura di uomo, un lavoratore indefesso, che rimase a galla e mantenne la sua famiglia nonostante i tempi duri della guerra, lavorando prima come carpentiere e, dopo, come artigiano, nella sua piccola falegnameria.
La morte lo colse al lavoro. Aveva appena acceso le luci della sua bottega e preparato gli arnesi per il lavoro di ogni giorno, quando una sincope gli permise appena di chiedere il parroco per una benedizione, prima di partire per il Cielo.
Soprattutto mio padre non si scoraggiava mai, anche nei momenti più difficili. Sperava contro ogni speranza e sempre, magari all’ultimo minuto, gli andava bene. Crebbe, infatti, sette figli, dando ad ognuno di noi una seria educazione e le capacità di vivere in maniera autonoma e positiva.
Talvolta, quando mi pare di rimanere solo, senza appoggi e collaborazione, ricordo un suggerimento, un po’ faceto, ma che si è dimostrato sapiente nelle mie vicende personali. Un giorno mi lagnavo perché non trovavo quella collaborazione della quale mi pareva di aver assoluta necessità, e lui mi rianimò dicendomi: «Sii tranquillo e fiducioso, Armando, perché su quaranta o cinquanta membri di ognuno dei tuoi gruppi parrocchiali, troverai sempre due o tre elementi che hanno la mania di lavorare!»
Posso affermare con sincerità che quando mi sentivo più solo e nel pericolo di essere soccombente, magari all’ultimo momento, ho sempre trovato qualcuno con la “mania di lavorare” e con l’aiuto di questi “maniaci” sono sopravvissuto, ho realizzato delle belle imprese e sto ancora combattendo per un mondo migliore. Benedetto papà!