Si sta banalizzando la vita e pure la morte!

Io sono nato in un paese di campagna in cui le vicende di ogni componente della comunità erano largamente condivise, motivo per cui nessuno rimaneva mai solo di fronte ai gravi eventi della vita e ciò che avveniva formava la coscienza dei membri della comunità. Credo che nonostante il passare degli anni non sia mutato questo atteggiamento.

Ora, dati gli anni che ho, è un pezzo che non ritorno nel mio paese natio, ma ricordo che l’ultima volta che ci sono ritornato per un funerale di un parente, la chiesa era gremita e l’intera comunità, direttamente o indirettamente, ha partecipato all’evento. Mentre ora in città le cose non vanno proprio così; ogni evento, anche il più importante della vita, viene vissuto sempre più in una assoluta solitudine, viene banalizzato come un fatto scontato e pressoché insignificante.

M’è capitato, qualche tempo fa, un fatto spiacevole. Parlando con una figlia che aveva perduto il padre, a cui si diceva veramente legata e che mi descriveva come un uomo di valore, lei dapprima mi fece capire abbastanza esplicitamente di “farla il più breve possibile”, poi mi disse che sarebbe venuta lei sola, terminando col chiedermi: «Non si potrebbe fare il funerale a porte chiuse?» A me parve di intendere che dei membri della sua famiglia nessuno avesse potuto intervenire, per motivi a me sconosciuti, ma certamente plausibili. In realtà venne lei sola. Fortunatamente c’era in chiesa qualche fedele, perché la celebrazione avveniva durante una messa d’orario; altrimenti saremmo stati solamente lei ed io a dire grazie al fratello che se ne andava e a pregare il buon Dio che gli desse pace nella vita nuova.

Oggi si parla tanto di socialità e di solidarietà però, se le cose vanno così, la vita e la morte diverranno sempre più un fatto banale ed insignificante.

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