Non molto tempo fa ho confessato alla pagina bianca di questo mio diario, la triste sorpresa d’aver incontrato, nel lasso di tempo di una decina di giorni, due persone che con serenità, come fosse la cosa più scontata di questo mondo, mi hanno detto di essere atei.
Un giovane professionista e una donna di casa di mezza età mi hanno fatto questa “confidenza” in occasione di lutti che avevano colpito le loro famiglie.
Con loro ho discusso fraternamente sull’opportunità o meno, di compiere il rito religioso, che suppone la fede. Siamo arrivati, dopo un’amichevole e sincera conversazione, a concludere per motivi che mi parvero validi, di accogliere la loro richiesta e di celebrare il rito cristiano del congedo.
Credo di aver rispettato la posizione religiosa di chi m’aveva fatto la richiesta, ma altresì ho offerto con limpidezza il messaggio di Cristo in tutta la sua integrità e valenza umana.
Non è passata neppure una settimana che una ragazza m’ha fatto la medesima richiesta e, con naturalezza e candore, mi ha dichiarato il suo ateismo. In quest’ultimo incontro ho avuto modo di approfondire questa grave posizione nei riguardi della fede.
Supponevo ci fosse sotto uno scontro con un prete, una delusione da parte della parrocchia, l’incontro con un insegnante a scuola, un libro? Niente di tutto questo. Niente di niente. Non un ragionamento, non una motivazione; solamente un’affermazione irresponsabile che poggiava sul nulla.
Mi viene il terribile sospetto che oggi sia diventato di moda dichiararsi atei. Una dichiarazione fatua e banale come chi si veste in maniera stravagante, scomoda ed antiestetica, al quale domandi il perché di questa scelta e questi ti risponde con candore stupido e irresponsabile: «E’ di moda!»