Un paio di settimane fa ho dedicato l’editoriale de “L’incontro”, ed un articolo di riferimento abbastanza consistente, a Madre Teresa di Calcutta. Sono convinto che quella vecchia suora albanese che ha sposato la causa degli ultimi dei bassifondi della megalopoli indiana, Calcutta, sia l’immagine più diffusa, più nitida e più convincente della solidarietà cristiana. Teresa di Calcutta ha fatto comprendere al mondo che l’aspetto più essenziale e più vero del messaggio di Gesù, consiste in un amore sconfinato, tanto da apparire quasi assurdo.
Nella Chiesa sono pressoché infiniti i focolai di carità che illuminano il mondo, essi ardono in ogni comparto della vita e, pur essendo tanto diversi per consistenza e per il modo con cui si esprimono, sono sempre riconducibili al comandamento di Cristo “Ama il prossimo tuo come te stesso”.
La riflessione e la stesura dell’apertura di quel numero de “L’incontro” m’ha quasi costretto a ripensare ad un aspetto non molto noto della spiritualità e della vita interiore di quella donna di Dio, così attiva nei riguardi dell’uomo, ma contemporaneamente così tesa all’adorazione del Signore, tanto che nella regola della congregazione religiosa che ha fondato, è previsto ed imposto un tempo molto ampio per la meditazione e la preghiera.
Nel suo diario, pubblicato dopo la morte, emerse, con sorpresa somma, che ella ebbe tempi prolungati e dolorosi di aridità spirituale; sentiva Dio tanto lontano, quasi le fosse indifferente, e perfino vi sono accenni in cui sembra che Dio fosse scomparso dal suo cuore. Questo “silenzio di Dio” nei riguardi di Teresa di Calcutta, fece grande sorpresa nell’opinione pubblica, tanto che la stampa laica arrivò a dire che probabilmente essa aveva perso la fede. Molta gente è convinta che Dio debba essere sempre colui che apre la via e che il suo discepolo debba sentirsi come legato a corda doppia al capocordata che assicura la salita.
Un tempo un prete veneziano mi disse che la fede assicura il cammino come le briccole segnano i canali della laguna, o le luci dei lampioni della strada diventano punti di riferimento per chi corre al buio.
E’ da tanto che ho capito che la fede non illumina a giorno il cammino; la fede è una luce che balugina ogni tratto di strada, è un chiodo sulla roccia che incontri ogni qualtanto, però vi sono sempre tratti che rimangono bui, pareti su cui devi aggrapparti da solo. Sarebbe comodo avere una strada sicura ed illuminata e che all’uomo non bastasse che metterci la buona volontà e il sacrificio per procedere.
Teresa di Calcutta continuò al buio fino in fondo, seguendo l’illuminazione che aveva ricevuto tanto tempo prima.
L’apprendere questi aspetti della suora dei poveri m’è di grande conforto, facendomi capire che devo continuare anche quando mi sento solo, abbandonato e con l’angoscia d’aver fatto una scelta impossibile.