Ancora un volume, questa volta “In riva al fiume”

Dei carissimi amici, con la complicità di suor Teresa, ogni anno raccolgono tutte le pagine di questo mio “diario” e le pubblicano in un unico volume. Sanno che mi fa piacere e perciò sono tanto cari da stampare le varie annate.

Io tento di giustificarmi di fronte alla mia coscienza dicendomi che “quando sarò vecchio” troverò conforto nel recuperare episodi, nomi, pensieri e problemi del passato. Poi però il solito “grillo parlante” mi dice onestamente: «Ma sei già vecchio!» Dato poi che neanche minimamente mi illudo che la lettura delle mie divagazioni possa tornar utile a qualcuno, mi lascio andare a questo gioco e a questo autoinganno abbastanza infantile.

A tutt’oggi i miei amici stanno lavorando sulla raccolta del 2009. Siccome facciamo tutto in casa, per non spendere soldi in questo tempo di ristrettezze economiche, ogni tanto sentono il bisogno di consultarsi con me. L’ultima volta che abbiamo parlato del prossimo volume, che dovrà uscire prima di Natale, questi cari amici mi dissero che c’era il problema del numero di pagine, che col tempo vanno sempre crescendo. Infatti col tempo divento sempre più prolisso. Poi c’era il problema della prefazione e quello del titolo.

Per quest’ultimo proposi “Il canto del cigno”. E’ stata però una ribellione! Troppo funereo! Ma ad ottant’anni cosa possono attendersi ancora da me? Per affetto e riconoscenza ho ripiegato su un altro titolo, che dice pressappoco la stessa cosa, ma lo dice con un po’ più di ipocrisia “In riva al fiume”.

Il mio tempo ormai non è più quello del protagonista, ma semmai quello dell’osservatore che vede il corso della vita, delle vicende umane ed ecclesiali che scorrono verso la foce, talora come relitti e talaltra, fortunatamente, come speranze. Per la prefazione, poi, mi sono imputato, mi pare indecoroso costringere qualcuno a dire bugie, e a tentare di coprire le vergogne di pensieri contorti, irrequieti o polemici con dei pannolini che comunque rimarrebbero sempre trasparenti o non capaci di rendere ricco ciò che è povero. Ho detto loro che alla prefazione ci penserò io. Chiederò scusa per tanta audacia, o meglio per tanta sventatezza, promettendo preghiere di riparazione per i pochi che leggeranno il nuovo volume.

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