Alcuni anni fa ebbi modo di incontrare occasionalmente un signore, ora commerciante affermato, che in tempi ormai lontani aveva frequentato un corso per fidanzati tenuto da me. Questo signore non era per nulla praticante; siccome io avevo modo, per via del suo lavoro, di frequentarlo abbastanza spesso, ed avevo stabilito con lui un rapporto di una certa confidenza, un giorno lui mi confidò che io l’avevo “preparato” al matrimonio. Io allora, scherzosamente, gli feci osservare che evidentemente non ero stato un buon insegnante se lui s’era dimenticato di tutto il mio insegnamento.
Allora egli ribatté, sorridendo, che ricordava perfino ciò che avevo detto una trentina di anni prima, durante quel corso prematrimoniale. Mi ricordò, infatti, a riprova del suo apprendimento, un fatterello che avevo raccontato in quella occasione. Molto probabilmente, di tutto il mio argomentare, ricordava solamente quell’esempio che avevo raccontato. Da allora compresi, ancora di più, il detto latino “Le parole volano, mentre i fatti rimangono” e così quando mi capita di poter addurre un fatterello, lo faccio molto volentieri.
Il sermone di qualche domenica fa verteva sulla parabola in cui Gesù insegna che avere le ricchezze, non fa felice l’uomo, anzi appesantisce il nostro andare. Raccontai di un pellegrino che fece visita ad un eremita del deserto, e vedendo questi l’estrema povertà in cui viveva – una tavola, una branda ed un testo sacro – gli chiese come facesse a vivere così poveramente. Al che l’eremita gli fece osservare: «E come mai tu hai solamente la bisaccia?» «Perché sono in viaggio!», rispose l’altro. L’eremita allora concluse: «Anch’io sono in viaggio, verso l’eternità!»
Dal silenzio con cui i fedeli seguirono il racconto, ho avuto la sensazione d’aver fatto centro e che, perlomeno per il momento, i miei fratelli di fede si fossero convinti che si può essere contenti anche senza far vacanze, avere la Ferrari in garage o un conto consistente in banca! Speriamo quindi che questo convincimento possa durare.