Chi mi conosce un po’, sa che sono impegnato da un paio di anni in un’altra impresa editoriale, oltre la pubblicazione de “L’incontro” e del quindicinale per gli ammalati “Coraggio”, cioè quella del mensile “Sole sul nuovo giorno”.
A quest’ultimo periodico sono particolarmente affezionato, come un padre al più piccolo dei figli, all’ultimo nato. Il mensile è costituito da una raccolta che offre ogni giorno “un pezzo” di autore, più o meno noto, sugli argomenti più disparati, ma sempre dal contenuto molto sostanzioso e dall’involucro dai colori smaglianti. Immagino quasi che un raggio del sole nuovo del mattino illumini un aspetto vero, cruciale ed estremamente significativo della vita sempre diversa e poliedrica. Mi è sempre più impegnativo scoprire riflessioni nuove, soprattutto espresse in maniera intensa, coinvolgente, con termini ed immagini che ti prendano per il bavero e che ti mettano colle spalle al muro. Io amo tanto questo tipo di letteratura, tagliente, che ti toglie il respiro e la pace.
Qualche giorno fa mi sono messo a sfogliare un numero pubblicato mesi fa nel quale c’era questa preghiera: “Signore, mandaci preti folli!” Riecheggiava le parole di san Paolo: “Nos stulti proter Christum”, noi accettiamo di essere considerati della gente folle perché seguiamo “lo sconfitto” vincitore: Gesù.
Non so ripetervi le parole e le argomentazioni di questa singolare preghiera, perché la bellezza specifica sta proprio nella scelta dei termini e dei concetti.
Pensavo, durante la lettura, che la Chiesa veneziana ebbe, soprattutto nel passato, delle splendide figure di preti con questa “pazzia”, che in definitiva è la ricchezza spirituale ed umana espressa in modi diversi, ma sempre ricca, sebbene spesso fuori dalle righe di una ordinarietà stanca e monotona.
Mi vengono in mente figure sacerdotali come don Barecchia, il cappellano della ritirata del Don, don Dell’Andrea, che accompagna fascisti e partigiani all’esecuzione capitale, monsignor Scarpa, col suo sigaro in bocca, ma col pensiero lucido e tagliente, don Vecchi, capace di tirar giù dalle nuvole i sogni più impossibili, don Da Villa, il cappellano dei nostri soldati nella fallimentare vicenda bellica dell’Africa settentrionale, don Giuliano Bertoli, il rettore del seminario che rimane impavido sulla barricata di fronte alla contestazione e salva il seminario, don Giorgio Busso, il prete sorridente che, contro tutti, crede che il Signore chiami ancora i nostri ragazzi, don Mezzaroba, che spalanca il suo cuore e la sua casa ai parrocchiani, don Spanio, che crea “i ragazzi di don Bepi”, don Niero, che recupera in maniera arguta ed intelligente la pietà popolare della nostra gente ed altri ancora.
Pensando a queste figure sacerdotali così diverse, ma così originali ed intense, ho ripetuto, quasi sillabando, la preghiera “Signore, mandaci preti folli!”, perché ho un sacrosanto timore di incontrare preti come soldatini di piombo immobili ed insignificanti!