Un culto forse troppo legato alla rievocazione

Il 13 giugno, festa di sant’Antonio da Padova, ho visto su “Telechiara” un lungo servizio sul “santo”. La parte che ho guardato con più attenzione è stata la rievocazione storica del trasporto del corpo del santo dall’Arcella alla basilica ora a lui dedicata. Non si è trattato di una semplice processione con preghiere e canti, come quelle abbastanza frequenti che avevano luogo nel mio piccolo paese di campagna, quando in due lunghe file – uomini davanti e donne dietro il baldacchino – si procedeva per le vie del paese recitando il rosario, si trattasse della Madonna come del Sacro Cuore, intervallando le avemarie con i soliti canti di chiesa. A Padova il rito si avvicinava piuttosto ad una ricostruzione storica, con tanto di figuranti, carro a ruote piene trainato da buoi, con tanto di banda, di confraternite di vario tipo in divisa, di labari e di gruppi di ogni genere, che per le grandi occasioni indossano grandi mantelli multicolori. E poi paggi e soldati con uniformi medioevali.

Io non sono un grande esperto del settore, ma questa, piuttosto che una processione caratterizzata dal silenzio, dalla preghiera e dalla testimonianza umile ma intensa di fede, m’è sembrata uno spettacolo, pur interessante, organizzato da un regista non di grandissima levatura.

Purtroppo, prima una pioggerella fastidiosa e quindi un temporalone, hanno determinato un fuggi fuggi generale di preti, suore e figuranti verso la basilica, mentre gli spettatori si son ritirati sotto i portici, dei quali Padova abbonda.

Sono profondamente convinto che la basilica del “santo” rappresenti un vero centro di spiritualità che fa certamente del bene, però che assorbe un gran numero di frati che concorrono con riti, prediche e quant’altro a mantenere efficiente l’apparato che richiama ogni anno centinaia di migliaia di pellegrini. Forse essi sarebbero più produttivi per il regno se si inserissero nelle parrocchie ora sguarnite di sacerdoti.

Poi, senza togliere nulla all’importanza religiosa dell’attività del santuario, ho il grave timore che la religione si riduca pian piano alla rievocazione di esperienze di fede del passato, piuttosto che alla promozione di testimoni che con la vita seminino la semente evangelica tra la gente del nostro tempo. Spero però tanto che tutto questo sia una mia esagerata preoccupazione.

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