Torri di Babele dei nostri tempi

Circa un mese fa è saltata la capocchia di un vulcano della lontana Islanda, il fumo del quale ha messo a terra migliaia di modernissime macchine che solcano il cielo e milioni di passeggeri che sono soliti spostarsi da un paese all’altro mediante l’aereo.

Non c’è stato niente da fare: motori, piloti, organizzazioni internazionali sono rimasti a terra per una cosa così effimera qual’è la polvere del fumo. Pochi giorni dopo una piattaforma, che estrae il petrolio dal fondo del mare, si è rovesciata per un’onda anomala o per un banale incidente tecnico e tutto questo ha messo in ginocchio la potenza più grande del mondo, sporcando in maniera quasi irrimediabile l’oceano, uccidendo pesci e uccelli ed imbrattando le coste più belle del mondo.

Non si tratta della sfida di una potenza atomica, ma di un semplice ghiribizzo della natura, che s’è stufata delle briglie e del morso che l’uomo le ha posto in bocca, obbedendo invece al comando di un generale con molte più stellette di quelle di quei generali che tutti conosciamo.

In questi giorni mi sono ricordato della storiella che Giovannino Guareschi premette al suo “Mondo piccolo”. L’uomo con la sua arroganza e protervia s’è messo in mente di andare ad occupare il trono di Dio, costruendo ancora una volta una torre di Babele. Tanto strepita che il buon Dio s’è stufato ed ha mosso la falangina del dito mignolo della mano sinistra, rovesciando rovinosamente la torre con la quale gli uomini, ancora una volta, stavano tentando di scalzarlo dal suo trono.

In questi giorni tante volte ho pensato all’arroganza e alla supponenza di certi scienziati, di certi uomini di cultura, di certi politici e di certi sociologi, ed ho concluso che sento un infinito compatimento verso tutta questa povera gente che non riesce neppure a liberare il cielo dalla polvere o a mettere il tappo ad un pozzo di petrolio, mentre vorrebbe dar lezioni all’Onnipotente! Quanta più bella figura farebbero se se ne stessero quieti e zitti!

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