Il funerale di un uomo che la chiesa non possedeva ma Dio sì

Ho ribadito spesso che nella mia chiesa tra i cipressi mi capita di celebrare i “funerali poveri”, quelli che riguardano vecchi ormai dimenticati nelle case di riposo, quelli di persone emarginate, quelli ai quali presenziano sì e no cinque o dieci persone.

Lo faccio molto volentieri perché sono convinto che anche questi poveri funerali sono la vera ricchezza della chiesa e talvolta mi sento come Draghi che amministra questo grande patrimonio della comunità cristiana.

Qualche giorno fa il figlio del caro estinto sentì il bisogno, su mia sollecitazione, di farmi uno schizzo essenziale della personalità del padre, ma mentre certi parenti smussano gli angoli e vanno alla difficile ricerca di qualche aspetto positivo, questo signore mi disse che il padre non solo non era praticante, ma quasi certamente non era neppure credente, e come rinforzo aggiunse che era stato molto critico con la chiesa. La moglie e pure i loro figli avevano deciso di chiedere il funerale religioso perché riscontravano nella condotta del padre delle contraddizioni che li portava a pensare che egli non fosse proprio ateo, ma un deluso dalla chiesa, una scontento del modo di vivere dei praticanti.

Forte della frase di Sant’Agostino, che per me è una bussola sicura che segna il nord “Ci sono uomini che la chiesa possiede e Dio non possiede ed altri che Dio possiede mentre la chiesa non possiede” ed avendo ben presente che il mio Dio non è certamente quello dei teologi, ma quello della parabola del prodigo, procedetti tranquillo ad affidarlo alla misericordia di Dio ed a rinnovare il sacrificio della croce in cui Cristo paga lui il debito e il biglietto d’ingresso nella casa del Padre!.

Mi è parso che i fedeli fossero d’accordo con me, perché pregarono a voce alta e molti s’accostarono pure all’Eucarestia, alla moglie poi venne perfino voglia di fare un versamento per il don Vecchi di Campalto!

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