La Fondazione Carpinetum che ho l’onore ma soprattutto l’onere di presiedere, si qualifica un po’ pomposamente, mentre in realtà è molto più modesta di quanto non appaia.
Quando la parrocchia di Carpenedo diede vita a questo ente, in pratica affidò la gestione dei Centri don Vecchi, ma si tenne la proprietà.
L’operatività della Fondazione è estremamente condizionata dal fatto di non aver beni immobili, la considerazione e la stima pubblica non fanno certamente male, ma quando entro in contatto con enti ed imprese di ordine finanziario, che sono quanto mai guardinghe ed hanno i piedi posati a terra, prima di arrischiare ci pensano mille volte e poi non arrischiano per quanto ti possono stimare e per quanto apprezzino l’impegno solidale che vai svolgendo.
Tempo fa mi sono incontrato con un funzionario di primo piano dell’antica Banca Senese “Il Monte dei Paschi” una delle più antiche e prestigiose banche del nostro Paese.
Questa banca ora controlla l’Antonveneta e non so chi altro.
La proposta fattaci per metterci a disposizione il denaro occorrente per il don Vecchi di Campalto, m’è parsa vantaggiosa tanto che la proporrò al Consiglio di Amministrazione.
Mentre questo signore mi illustrava l’operazione finanziaria che ci proponeva, non potei non ammirare la competenza, la lucidità del ragionamento, l’estrema disponibilità a trattare, a mettere a punto il rapporto, a valutare anche la nostra situazione per trovare la soluzione più idonea possibile. Confrontavo questo comportamento professionalmente eccellente e umanamente caldo e cordiale con la normale prassi della mia categoria.
Purtroppo il confronto non reggeva. Noi preti abbiamo un ottimo “prodotto” ma lo presentiamo nella maniera peggiore possibile e poi ci meravigliamo se non sfonda!