L’ho confessato ormai fin troppe volte che io rimango un appassionato lettore dei bollettini parrocchiali. Talora vi trovo iniziative interessanti, riflessioni valide, oltre le immancabili e giuste informazioni speciali circa la vita della comunità.
Più spesso incontro poco di genuino, molto di scontato e molto poco che esprima le personalità e le convinzioni dei relativi pastori.
Pare che molti preti, che pur ricoprono incarichi e responsabilità di grande rilievo nei riguardi del popolo di Dio, non abbiano il coraggio di uscire allo scoperto di portare dei contributi genuini o peggio ancora abbiano proprio molto poco da dire alla loro gente.
Qualche settimana fa, leggendo l’editoriale della “Borromea”, scritto dal parroco del Duomo di Mestre, mons. Fausto Bonini, su un argomento quanto mai interessante ed estremamente attuale “Su quei politici che si autoproclamano cattolici” sono ritornato a riflettere su un argomento che mi è caro e che credo di capitale importanza.
Premetto la mia assoluta condivisione del discorso di don Bonini: “Non è cattolico il politico che si proclama tale (pare che oggi sia quasi una moda e peggio ancora che sia un’esca per accalappiare i voti dei cattolici) ma chi si comporta nella vita da cattolico, nelle scelte, nel comportamento e soprattutto nella qualità del servizio che offre alla collettività.
Mi permetto di aggiungere che, partendo da un pensiero di Sant’Agostino, che mi è sempre stato tanto caro ed utile nei miei orientamenti: “Ci sono uomini che la chiesa possiede ed altri uomini che Dio possiede e la Chiesa non possiede”. Sono molto cauto nel prestar fede alle etichette esteriori e ai distintivi, ma preferisco orientarmi dalla qualità dei contenuti che emergono dall’azione politica dei vari protagonisti dell’attività pubblica.
Tutto questo mi aiuta a dare il mio favore alle personalità autentiche, a quelle che si dimostrano libere, nelle scelte che implicano la coscienza o i valori di fondo del credo religioso a cui dicono di aderire.
“I peones” del parlamento li reputo una specie di mercenari senza principi. I voti di schieramento, scontati ed incolori li reputo l’espressione più bassa di un servilismo meschino, di un appiattimento morale, di nessuna personalità, e di attaccamento alla sedia conquistata a prezzo di ogni compromesso,. Che un partito abbia un orientamento di fondo è normale e logico, ma nelle singole questioni deve emergere la taratura morale degli attori della cosa pubblica che si qualificano con le argomentazioni e il voto relativo.