Ho trascorso tutta la settimana a riflettere sul Vangelo che avrei dovuto commentare la domenica. La pagina di Matteo in cui Gesù pronuncia una dura condanna nei riguardi della religiosità, degli scribi del suo tempo, cha amavano passeggiare in lunghe vesti, farsi vedere a pregare lungamente, mentre contestualmente ambivano ai posti d’onore nella sinagoga e ai posti più prestigiosi nei banchetti ed arrivavano perfino ad approfittarsi della casa delle povere vedove strumentalizzando la religione.
Questa pagina del Vangelo mi ha costretto a confrontare il concetto che Cristo ha della religiosità e il modo con cui noi attualmente traduciamo nella prassi liturgica e paraliturgica la nostra lode al Signore.
Per quanta buona volontà ci abbia messo non sono riuscito a far combaciare il pensiero di Cristo con la nostra prassi religiosa.
Questo non è certamente un guaio di poco conto!
Il formalismo, l’ostentazione e il ritualismo condannato da Cristo non mi pare che, neanche dopo duemila anni di cristianesimo, siamo riusciti a debellarli completamente, motivo per cui ho la sensazione che la preghiera pubblica incida ancora troppo poco sulla vita reale sia delle persone che dalle comunità cristiane.
A questo proposito mi è riemerso, dai miei ricordi letterari, una bella pagina, quanto mai mordente, del grande letterato russo Leone Tolstoi. Il convertito immagina che Cristo si sia deciso di visitare in incognito le comunità cristiane della Santa Russia disperse nell’immenso territorio, mentre esse sono riunite in preghiera. Tolstoi immagina un Cristo critico e deluso dai cristiani in preghiera, tanto da domandarsi: “Questi fedeli non possono pretendere di essere miei discepoli praticando dei riti avulsi da vita reale e così lontani dal mio insegnamento!”
Io non ho né il talento né la saggezza di Tolstoi, ma ho la netta sensazione che il singolo cristiano e le relative comunità si debbano domandare con più onestà e più frequentemente: “Gesù si aggregherebbe volentieri ai nostri incontri di preghiera e condividerebbe la cornice, l’atmosfera, i contenuti e le tensioni interiori che esprimono la nostra lode al Signore?”
Per ora credo opportuno che risciacqui ben bene il mio pregare nelle parole del Vangelo, poi forse dovrò suggerire con carità e prudenza che anche i miei fratelli di fede che facciano altrettanto!