Più volte ho manifestato la mia profonda riconoscenza per i miei maestri.
Quel po’ di positivo che spero d’avere lo debbo ai miei genitori, che mi hanno educato alla concretezza, allo spirito di sacrificio, all’attenzione ai più poveri.
Debbo ai preti che mi hanno educato da ragazzino, da adolescente, da giovane prete, lo zelo per le anime, la dedizione assoluta all’uomo, la ricerca appassionata al dialogo con tutti, la scelta di discorsi attenti alla sensibilità e alle attese della gente reale, la libertà di conoscere sia i profeti del nostro tempo, sia i dissenzienti che guardano i problemi da un’angolatura diversa da quella ufficiale.
Debbo a Monsignor Quintarelli, a Monsignor Niero e soprattutto a Monsignor Vecchi il senso estetico, che per me non è assolutamente una componente marginale nella formazione umana e spirituale di un sacerdote.
Ho ripetuto molte volte e con molta convinzione che solamente i santi, i poeti e gli artisti colgono il volto più profondo, più vero e più bello della vita.
Monsignor Vecchi ha spalancato ai miei occhi la grande finestra dell’arte del passato e soprattutto quella moderna. Monsignor Vecchi ci ha fatto conoscere i maggiori pittori veneziani di questo ultimo secolo da Carena a Cessetti, da Gianquinto a Zotti, da Della Zorza a Vedova ma soprattutto mi ha aiutato ad aprirmi con fiducia e curiosità a quella miriade di artisti che, con più o meno talento, sanno dar volto al colore, al sogno così da scoprire l’immensa bellezza del creato e a far emergere dalla realtà, che ci circonda, le infinite ricchezze che nascoste attendono di venire alla luce e che solo gli artisti sono capaci di far emergere dal grembo della materia.
Per me l’arte è mistica, preghiera, contemplazione, è il volto di Dio che si rivela all’uomo e che illumina lo spirito, la vita e il mondo in cui viviamo.