La cattedrale tra i cipressi

Lo scrittore inglese Bruce Marshall fa dire a un sacerdote, protagonista di uno dei suoi romanzi, che la sua chiesa era una “sposa bella” che amava perdutamente e a cui era sempre stato fedele. M’è sempre piaciuta questa immagine, che sottolinea il rapporto caldo, intimo e affettuoso tra il sacerdote e la chiesa in cui incontra i suoi fratelli di fede e il suo Signore e in cui vive i momenti più importanti della sua missione di ministro di Dio.

Io confesso che ne ho avuti più di uno di questi amori durante la mia lunga vita di prete. Sono stato innamorato della chiesa neoromanica di Eraclea, il mio paese natio, chiesa in cui da fanciullo ho ricevuto le prime carezze di Gesù. Ho amato con amore caldo la basilica della Madonna della Salute nella quale ho maturato la mia vocazione. Ho amato ancor di più la bella chiesa dei Gesuati nella quale ho fatto la mia prima esperienza di giovane prete, ma questo è stato un amore fuggevole perché è durato appena due anni. Quindi ho conosciuto la bella chiesa di San Lorenzo martire dove ho convissuto felicemente per quindici anni. Però l’esperienza d’amore più prolungata e matura l’ho fatta nella chiesa neogotica del Meduna a Carpenedo, chiesa che ho amato d’amore fedele ed appassionato per trentacinque anni.

Pensavo che così fosse terminata la mia storia d’amore. Invece no. Da vecchio ho preso una autentica cotta e mi sono perdutamente innamorato della giovane chiesa prefabbricata del cimitero. Questa “sposa bella” è povera, ma quanto mai “avvenente” anche se è nata in Romania ed è costata solamente duecentocinquantamila euro. è stato un colpo di fulmine, mi è parsa subito bella, dolce, intima, quieta e sorridente. Che cosa può aspettarsi di meglio un prete novantenne?

È vero, gli ho donato tutto quello che di meglio avevo ancora. L’ho vestita di ordine, pulizia e fiori, ho invitato a farle compagnia le persone più care e sante che ho conosciuto durante la mia lunga vita: la Vergine Maria, Padre Pio, Sant’Antonio, Santa Rita, Madre Teresa di Calcutta, San Francesco d’Assisi, e i miei Papi più cari: papa Luciani, papa Giovanni Paolo II, papa Roncalli, papa Paolo VI. Cosicché quando i miei fedeli entrano in chiesa sentono subito di essere accolti con affetto da questi santi così amati da tutti, tanto che ognuno di questi santi della terra e del cielo ha qualcosa da dire loro e da offrire: un sorriso, una parola di conforto e un invito a ricordarsi che quella è la casa del Signore.

La gente accende un lumino, si siede e si sente avvolta da un abbraccio di dolcezza, d’armonia e di bontà, e trova pace, tanto che vedo che da mane a sera c’è un andirivieni costante, raccolto e sereno. Qualcuno poi mi ha confidato che se anche il tetto di legno è molto basso gli sembra di sentirsi all’interno di una baita di alta montagna. Ora poi il mio piccolo scout di tempi lontani, Toni Marra, mi ha donato una via Crucis che aiuterà di certo chi ha ancora il cuore che sanguina per ferite recenti o lontane, dando consolazione e speranza mediante la ripetizione delle tappe della via dolorosa di Cristo, figlio di Dio e dell’Uomo.

Durante la settimana la mia chiesa si anima perché si celebra spesso il commiato cristiano a persone sole molto anziane, che vivevano con la badante o provengono da case di riposo, ma comunque si respira in essa conforto e speranza. Alla domenica però la mia chiesa si anima, diventa festosa per la folla che la gremisce, per i canti della corale degli anziani del Centro don Vecchi, per la calda fraternità dei tanti fratelli che vengono a trovare il Padre nella chiesa più umile della nostra città e che moltissimi ritengono, come me, la più bella e la più cara.

La “cattedrale tra i cipressi” è il mio amore, ma lo condividono e la rendono sempre più bella e più viva pure Enrico, il mio diacono ad honorem, Anna e Gianni, suor Teresa e i miei famigliari che la tengono ordinata con piante e fiori. La mia umile chiesa non ha campanile, ma prima o poi spero che concerti di campane suonino l’ora della resurrezione e della vita ai defunti che dormono nel nostro camposanto e ai concittadini che vivono nella nostra cara Mestre.

I protagonisti del Don Vecchi

Qualche giorno fa Luciana, una ragazzina dei miei anni verdi di sacerdozio a San Lorenzo, ora moglie del capo dei tipografi della nostra editrice e mia attuale consulente politica, mi ha rivolto una domanda che di primo acchito mi ha stupito alquanto: “S’è accorto don Armando che da otto anni io e Massimo, mio marito, non andiamo mai in ferie?”

In verità non sono uno che si interessa particolarmente delle ferie, perché, come il Goldoni, sono convinto che esse siano una “mania” ma comunque suor Teresa, che di queste cose è più interessata di me, qualche volta mi aveva fatto osservare, passando davanti alla casa di questi due miei amici carissimi, che questi due coniugi, ora quasi settantenni, erano soliti fare frequentemente delle gitarelle infrasettimanali, motivo per cui pensavo che avessero scelto questo modo un po’ originale e poco seguito dalla gente del nostro tempo di far ferie. Poi sapendoli tutti e due pensionati e con la figlia che abita per conto proprio, supponevo che questa soluzione fosse assai comprensibile, anzi lodevole!

Sennonché la mia interlocutrice aggiunse, con tono che sembrava sottolineare il loro “eroismo” e la mia poca sensibilità di “datore di lavoro”: “Massimo non mi porta in vacanza perché impegnato ogni settimana a stampare “L’incontro”! Mi ero accorto che suo marito era quanto mai fedele al suo “impegno” ed ogni lunedì nelle prime ore del mattino era sempre presente in tipografia al Don Vecchi per guidare i suoi “dipendenti” a stampare le cinquemila copie del nostro settimanale.

Io poi ho sempre nutrito ammirazione e riconoscenza per la pattuglia di questi vecchi scout che hanno scelto come loro servizio la stampa del nostro settimanale. Ho anche sempre provato un po’ di orgoglio perché, essendo stato il loro assistente, mi pareva d’essere riuscito nel mio compito di educatore scout che consiste principalmente nel preparare i ragazzi al servizio, come insegnava il fondatore del movimento scout. Inoltre ho sempre provato tanto piacere di incontrare in questi ultimi dieci anni questo gruppetto “di vecchi ragazzi” che si davano appuntamento ogni settimana e in un clima cameratesco, divertente ed amichevole per stampare il periodico che in qualche anno è divenuto il più letto e il più diffuso della nostra città. Un giorno, infatti, ricordando i vecchi tempi, avevo detto loro: Vi manca solo l’alza bandiera e il canto “passa la gioventù” per provare una volta ancora l’ebbrezza della vita avventurosa degli scout!”

La tipografia del Don Vecchi è una cosa seria: tre moderne macchine di stampa Risograf, una taglierina professionale, una stampante a colori, una piegatrice ed un paio di computer, ma la ricchezza più grande di questo settore è certamente il gruppetto di questi volontari che compie questo servizio come una “bella avventura” e che vive e rafforza la loro amicizia e il loro impegno a essere utili. La nostra tipografia conta una decina di operatori che stampano facendo funzionare contemporaneamente le tre macchine per velocizzare il lavoro, tanto che verso le dieci del mattino sono pronte per la piegatura le cinquemila copie settimanali. Collabora pure con loro una quindicina di anziani a piegare i giornali, cosicché nel primo pomeriggio partono già cinque o seicento copie de L’incontro per i punti di distribuzione.

Oltre al settimanale ogni settimana viene stampato Il messaggio di Papa Francesco in cinquecento copie e L’incontro domenicale col Padre in trecento copie per seguire l’Eucarestia. La tipografia stampa inoltre il quindicinale Le favole di Mariuccia Pinelli e il mensile Il sole sul nuovo giorno. Questo ultimo periodico è curato in maniera particolare “dall’artigiano tipografo” Luigi Novello che, pur lavorando in collaborazione con l’equipe della tipografia, stampa in tempi diversi.

Non posso non ricordare anche lo staff guidato dalla signora Natalina Michielon e costituito da quattro collaboratori che aiutano in maniera consistente la dozzina di anziani che si sono assunti il compito dalla piegatura del settimanale e della decina di distributori che piazzano, tra il lunedì e il martedì, le copie del giornale nelle postazioni di distribuzione.

Infine mi pare doveroso menzionare il servizio di suor Teresa che ogni settimana olia la macchina con pasticcini e il verduzzo. Tanto che non so proprio se sia più persuasiva e convincente la mia promessa della vita eterna o i pasticcini di suor Teresa! Comunque la tipografia continua a funzionare e questo è l’importante. Se poi Massimo e Luciana per questo motivo non possono fare le vacanze estive, non sono troppo preoccupato, perché gli operai italiani hanno veramente bisogno di qualche “santo protettore” o perlomeno di qualche buon esempio e loro sono tra i pochi che lo possono dare!

La nostra disponibilità

Lettera aperta ai parroci, alle assistenti sociali del Comune, agli enti di valenza solidale e soprattutto ai concittadini che si trovano in ristrettezze economiche.

Siamo consapevoli che questo nostro appello è purtroppo piuttosto raro e può sonare perfino strano e per questo siamo particolarmente felici di portarvi a conoscenza di una realtà che a Mestre ancora non tutti conoscono. Per grazia di Dio e per buona volontà di mezzo migliaio di volontari, in simbiosi con il Centro don Vecchi di Carpenedo è nata una agenzia di solidarietà quanto mai vasta ed efficiente, che presto speriamo possa diventare in Italia il primo supermercato di carattere solidale. Ogni giorno affluiscono in via dei Trecento campi 6 di Carpenedo, dove si trovano i nostri magazzini, centinaia e centinaia di concittadini italiani ed extracomunitari che si trovano in difficoltà economiche e che chiedono aiuto presso i nostri attuali magazzini di carattere solidale, trovando fortunatamente una risposta ai loro bisogni. Grazie alla Provvidenza siamo in grado di aiutare un numero ben consistente di persone in difficoltà. Per questo ci rivolgiamo a voi, che siete i naturali interlocutori dei poveri, perché sappiate che, qualora non siate attrezzati a dare risposta esauriente alle richieste di chi è in difficoltà, noi a nome della Chiesa mestrina possiamo aiutare voi e quindi chi viene da voi a chiedere aiuti. Cosa possiamo mettere a disposizione?

  1. Un emporio di vestiti nuovi ed usati di ogni tipo e di ogni taglia. Siamo convinti che a Mestre non ve ne sia uno di eguale neppure in quelli di carattere commerciale.
  2. Mobili e arredo per la casa; dalle stoviglie ai soprammobili, dai mobili correnti a pezzi d’epoca, dai quadri ai lampadari e ai tappeti. Disponiamo, insomma, di tutto quello che serve per arredare la casa.
  3. Frutta e verdura in grande abbondanza. Ogni giorno recuperiamo dai venti ai trenta quintali di questi generi alimentari che ci vengono regalati dai mercati generali di Padova, Treviso, Marghera, Santa Maria di Sala e dai supermercati della città: Alì, Cadoro, Coop e Despar.
  4. Generi alimentari in scadenza: di ogni qualità, compreso carne, pesce e tanto altro ancora.
  5. I generi alimentari della Agea ossia forniti dall’Europa.

Ben s’intende che talora v’è tanta abbondanza e talora questi stessi generi scarseggiano. Comunque si trova sempre qualcosa! Questa possibilità di distribuzione consistente di beni è dovuta ad un’organizzazione seria: abbiamo sei grandi furgoni, dei quali uno per la catena del freddo, la disponibilità di milleduecento metri di superficie e soprattutto un numero quanto mai consistente di volontari. Crediamo che oltre l’organizzazione, che si rifà alla dinamica di ogni magazzino di carattere commerciale, il punto di forza sia quello che questa attività vive e si rifinanzia da sola. Perché ad ogni utente viene richiesta un’offerta pressoché simbolica per sostenere la gestione e perché siamo quanto mai convinti che bisogna creare un “volano” della carità, che crei piano piano in tutti benefattori e beneficati, una mentalità solidale: motivo per cui ognuno, in rapporto alle sue possibilità, deve collaborare ed aiutare chi è più povero di lui. Gli unici prodotti per i quali non si richiede alcun contributo sono i generi alimentari della Agea che per legge devono essere totalmente gratuiti. Informiamo, infine, che l’orario estivo di apertura è dal lunedì al venerdì, dalle ore 15 alle 18, e che i magazzini sono facilmente raggiungibili perché dispongono di un ampio parcheggio e anche perché la linea 2 dell’autobus ha una fermata ad appena 50 metri di distanza.

La nuova congregazione

Il cardinale Patriarca Angelo Roncalli mi ordinò prete nella basilica di San Marco nel 1954 e dopo pochi giorni l’allora vicario generale mi chiamò a fare il cappellano ai Gesuati. Seppi poi che fu il parroco di quella parrocchia, che era stato anche il parroco della mia infanzia ad Eraclea, a fare questa richiesta. Due anni dopo lo stesso “vice Patriarca” mi spostò improvvisamente in Duomo a Mestre. Venni a sapere poi che il cappellano di allora era stato allontanato per certi comportamenti non troppo corretti nei riguardi dei ragazzi. Ci fu un certo scandalo e l’allora parroco monsignor Aldo Da Villa, che mi aveva conosciuto e mi aveva “scoperto” appassionato nel sostenere le mie idee, pensò che potevo essere il prete giusto per tamponare lo smarrimento che la vicenda pruriginosa aveva provocato tra i giovani della parrocchia.

L’inizio fu difficile, però l’entusiasmo delle primizie del mio sacerdozio mi aiutò a superare le difficoltà iniziali. Dapprima mi occupai della gioventù dell’Azione cattolica, quindi mi furono affidati gli scout dei quali avevo fatto una bella esperienza quando ero a Santa Maria dei Rosario alle Zattere. In verità il movimento era allora mal ridotto, ma in pochi anni rifiorì in maniera veramente promettente: tre branchi, tre reparti, due noviziati e due clan ed altrettante unità nel settore femminile. Penso che raggiungemmo in quegli anni i due/trecento ragazzi a San Lorenzo martire e nel contempo ci espandemmo in molte parrocchie della città.

I diciotto anni passati nella parrocchia di piazza Ferretto furono entusiasmanti; a tutt’oggi godo ancora della simpatia di quei ragazzini, che ora sono nonni e bisnonni. Non passa settimana che qualche uomo o donna più che maturi non venga a dirmi: “Don Armando si ricorda che..?” Chi semina sono certo che prima o poi, tanto o poco, raccoglie e io sto ancora raccogliendo da quella semina.

Voglio raccontare in proposito ai giovani preti una bellissima storia, proveniente da quel tempo e da quella comunità. Un paio di mesi fa mi si presentò una signora sui sessant’anni dal portamento asciutto e ascetico che dopo qualche confidenza mi ha detto: “Finora ho tentato di conoscere e amare il Signore mediante l’ascesi e la preghiera, ora vorrei continuare a farlo mediante il servizio ai poveri”. Con suor Teresa riuscimmo a trovarle al Don Vecchi un piccolo alloggio, più simile a una cella da eremiti che a un appartamento per anziani e da una settimana questa donna di Dio fa parte della nostra famiglia. Sono sicuro che ella metterà a disposizione del Signore, vestito da povero, i prossimi trent’anni della sua vita!

Una volta, vedendo il nostro numeroso esercito di volontari, il cardinale patriarca Marco Cé mi chiese tra “il serio e il faceto”: “Perché don Armando non pensi di fondare un ordine religioso?” Allora pensavo che erano fin troppi gli ordini religiosi e poi sono sempre stato convinto che oggi sia giunto il tempo d’amare e servire il Signore senza troppe monache e troppe regole, ma ascoltando la voce del proprio cuore e facendo del nostro meglio a favore del prossimo in difficoltà. Comunque, anche senza cerimonie e autorizzazioni vaticane, al Don Vecchi è nata una nuova “congregazione religiosa” composta da Suor Michela, Suor Angela, Suor Teresa, da me e dalla “novizia” appena entrata. Non ci siamo ancora dati un nome, perché siamo poco convinti che serva, però abbiamo sogni e progetti da vendere.

Grazie ai benefattori

Grazie ai benefattori

Nostro Signore Gesù Cristo ha detto che i nomi delle persone perbene, degli onesti, dei galantuomini e soprattutto delle persone generose è “scritto in cielo” e che essi “riceveranno il centuplo quaggiù e la vita eterna lassù”.

Noi che fortunatamente veniamo a conoscenza di questi concittadini di buon cuore che non si stanacano mai di dare una mano al prossimo, nell’attesa dell’eternità pensiamo bene di dedicare un monumento ideale della solidarietà che vogliamo erigere a Mestre in loro onore, perché tutti vengano a conoscenza dei cittadini benemeriti che sono molto più degli imbroglioni, dei disonesti e degli egoisti. Perciò vogliamo suggellare i loro nomi perché tutti ne siano edificati, siano loro riconoscenti, e soprattutto tentino di imitarli perché a fare del bene non c’è mai un limite.

I loro nomi oltre che in Cielo devono, infatti, essere scritti anche in terra. Cominciamo subito con lo scoprire alcuni dei benefattori di quella splendida realtà che abbiamo denominato “Polo solidale dei Centri don Vecchi” e che presto speriamo di denominare “Ipermercato solidale” Santa Marta, la santa che non stava con le mani in mano.

Eccovi dunque la prima “lapide” con i primi 11 nomi:

  1. Ditta Del Bello, che dona spesso grosse quantità di frutta esotica.
  2. Azienda agricola di Emanuele Durigon, che almeno due volte al mese ci fornisce notevoli quantità di trote e storioni.
  3. Azienda Ortolana del signor Gerardo del mercato ortofrutticolo di Treviso, che ogni settimana offre una quantità consistente di frutta e verdura.
  4. Azienda agricola Basso, di Favaro Veneto, che ha cominciato ad offrire frutta, verdura e prodotti alimentari, che produce direttamente.
  5. Azienda alimentare Agrà di Antonella Albano, di Spinea, per la grossa fornitura di olive belle di Cerignola, lupini e quant’altro.
  6. Dolciaria Mestrina, che ogni giorno ci fornisce brioche e altri dolci.
  7. Cafè Retrò di Silvia Spada di Carpenedo, che più volte alla settimana ci offre panini imbottiti, torte e brioche.
  8. Coop di piazzale Roma, che quasi tutti i giorni ci mette a disposizione ottima carne fresca e pesce, e altri prodotti alimentari.
  9. La catena di ipermercati Cadoro, (ben sette grandi strutture locali) che ogni giorno di tutti i mesi dell’anno e da molti anni ci consegna notevoli quantità di generi alimentari perfettamente commestibili.
  10. Dolci e Delizie, le pasticcerie di via Pio X e di via Bissuola che inviano quasi tutti i giorni notevoli quantità di dolci tanto che gli anziani di tutte le sei strutture dei Centri don Vecchi possono godere di queste elargizioni.
  11. Pasticceria Ceccon di Carpenedo, che alterna le sue elargizioni di dolci tra la parrocchia e i Centri don Vecchi, ma che comunque si ricorda spesso dei nostri anziani.

Questa è la prima lista del più bel monumento di Mestre, ma quanto prima informeremo su altri nomi che fortunatamente abbiamo la possibilità e il dovere di portare a conoscenza e all’ammirazione dei concittadini.

Lino e Stefano

Quando scelsi, circa dodici anni fa, la testata per il periodico che mi permettesse di dialogare ancora con i miei cittadini, faticai alquanto per trovare il nome tanto che ne dovetti scartare molti, prima di arrivarci. Finalmente la mia ricerca approdò su L’incontro, un termine particolare che mi parve che nessun altro giornalista avesse scoperto, mentre rappresentava una testata davvero ricca di potenzialità. Voglio perciò raccontarvi il seguito di uno dei tantissimi incontri della mia vita: molto spesso banali, deludenti e senza seguito, però ve ne sono alcuni, che coltivati con un po’ di attenzione e di amore, sono diventati significativi ed importanti.

Incontrai Lino, uno dei due gerenti del Centro don Vecchi di Marghera, in un momento per lui molto amaro e difficile; gli era morta, dopo un penoso percorso, la moglie amata, i figli ormai cresciuti avevano scelto le loro strade e lui, andato in pensione, si sentiva solo e disorientato, soprattutto, almeno nell’inconscio, avvertiva il bisogno di dare senso alla vita aiutando il suo prossimo. Nell’infanzia aveva ricevuto in famiglia e in parrocchia una forte educazione cristiana, per cui portava in cuore una naturale propensione a rendersi utile e a offrire la ricchezza dei valori che aveva maturato da giovane. Da queste premesse era nato il suo impegno nel sindacato durante la sua vita lavorativa in fabbrica, ma contemporaneamente si prodigava in altre associazioni benefiche di volontariato. Una presidente di una di queste associazioni, donna forte e determinata, vedendolo solo e smarrito brancolare nella noia gli disse: “Va da don Armando, vedrai che avrà certamente qualcosa da farti fare!”.

Lino a quel tempo era anziano, ma non tanto vecchio da non poter essere più utile ad alcuno. Il Don Vecchi di Marghera era ormai pronto, ma non avevo qualcuno a cui affidarlo. Come si sa la Divina Provvidenza, non so per quale motivo, aspetta quasi sempre l’ultimo momento per darti una mano, ma forse lo fa per provare la tua fiducia. Lino si improvvisò direttore di comunità e ci riuscì: talvolta con la sue “prediche”, più spesso con il suo esempio, sempre con la sua preghiera. In quel tempo aveva come amico un giovanotto un po’ malconcio a causa di un incidente stradale: lo introdusse alla chetichella quasi come un “figlio d’anima”. Così cominciò la loro avventura come responsabili di una delle nostre comunità. Il più bello però venne dopo, quando anche il centro di Campalto fu terminato, ma ancora una volta non ero riuscito a trovare un capo a cui affidarlo.

Con gesto molto nobile e generoso, per il quale sarò loro sempre grato, mi dissero: “Don Armando, qui a Marghera ormai ci sono Luciano e Teresa che possono sobbarcarsi questo impegno, se vuole ci trasferiamo noi a Campalto”. Lino e il suo amico presero armi e bagagli e si trasferirono nella nuova struttura. Il passare degli anni rese più fragile il vecchio Lino e, pur non avendo perso per nulla la sua capacità di “predicare” e procurarsi aiutanti, lasciò a Stefano, tecnico di altissima capacità dell’Elettrolux, spesso in giro per il mondo per lavoro, il compito di “governare” la struttura. Stefano, tanto sicuro quanto esperto, è altrettanto e forse ancora più sicuro nel dare direttive, fare scelte e proporre con decisione la sua filosofia. Comunque la coppia funziona a meraviglia e spero che funzioni ancora per molto tempo, anche se ultimamente ho capito che loro non sono ormai più in grado di proporsi per una nuova avventura in un’altra struttura. Comunque spero che la Fondazione Carpinetum sappia che possono operare molto tempo ancora!

I magazzini San Giuseppe

La prima attività a carattere solidale, nata al Centro don Vecchi di Carpenedo, è stata quella della raccolta e della distribuzione di indumenti a favore dei concittadini in disagio economico.

Questa agenzia caritativa è certamente una delle più efficienti non solo nel Veneto ma pure in Italia. Ben più di cento volontari operano presso questi magazzini, che l’anno scorso hanno festeggiato i quindici anni di attività con centinaia di migliaia di persone in difficoltà che vi sono ricorse ogni giorno per poter vestire in maniera dignitosa.

Hanno fatto seguito ai magazzini San Martino, non a caso intitolati al santo che ha condiviso il mantello con il povero, i magazzini San Giuseppe, che trattano della raccolta di mobili e arredo per la casa. La dedicazione a San Giuseppe è abbastanza ovvia, perché il padre putativo di Cristo ha mantenuto la “sacra famiglia” lavorando il legno. I magazzini San Giuseppe non hanno ancora avuto lo sviluppo di quelli di San Martino, però in questo ultimo tempo hanno pure fatto passi da gigante, sia come sistemazione logistica dei mobili in offerta sia nel ritiro e nell’offerta.

A Mestre gli extracomunitari, che sono riusciti ad affittare o meglio ancora ad acquistare un appartamento, si rivolgono tutti a questa struttura per arredare le loro case. Molti di loro, poi, si rivolgono pure ai nostri magazzini per inviare in Moldavia, in Ucraina, in Romania e in Polonia i mobili per i loro parenti che non riescono ad acquistare in patria a motivo del costo.

Attualmente la Fondazione Carpinetum, in attesa dei nuovi tanto sospirati magazzini, è riuscita ad aggiungere qualche spazio permettendo così un’esposizione dei mobili molto più felice.

Pure molti mestrini, che amano il proprio alloggio, spesso cercano e spesso trovano presso i nostri magazzini quel pezzo di “pregio” che abbellisce ed impreziosisce la loro abitazione. Nel magazzino dei mobili si possono trovare e ricevere oggetti di vario tipo e diversa dimensione a fronte di una modestissima offerta, necessaria per le spese di gestione essenziali.

Il responsabile storico dei magazzini si chiama Nico Pettenò, che ha visto sorgere questa struttura e ne sta accompagnando la crescita con lodevole dedizione e impegno. Da un po’ di anni, inoltre, opera come volontaria in questo magazzino la signora Luciana, moglie di un imprenditore dell’hinterland, che ha un estremo buon gusto e pure una bella competenza specifica nel settore dei mobili in genere e dei lampadari in particolare, avendo un’istintiva capacità nel riconoscere i gusti e i bisogni dei richiedenti e sapendo accontentarli con la soluzione ottimale per arredare il loro alloggio.

I “visitatori” che, anche per caso, hanno conosciuto questa attività benefica non solo ritornano, ma addirittura portano amici e famigliari perché possano trovare a costo solamente simbolico, mobili per dare un aspetto dignitoso e gradevole alla loro abitazione. Non sempre si trova la lavatrice, il frigo, o la carrozzella che servono, però basta prenotarsi e quando arrivano questi accessori, i responsabili dei magazzini telefonano al richiedente per informarlo della disponibilità.

I magazzini San Giuseppe svolgono anche la funzione di ritirare gratuitamente i mobili dei quali qualche cittadino per motivi diversi vuole disfarsi, aiutando contemporaneamente chi è in difficoltà. Spesso ci sono persone che hanno assoluta necessità di sgombrare un appartamento e allora i volontari del San Giuseppe sono a disposizione previa copertura dei costi sostenuti per la discarica.

I magazzini sono sempre aperti dal lunedì al venerdì dalle 15.30 alle 18.30 ed è sempre attiva la segreteria telefonica allo 0415353204, per cui chi avesse bisogno di un intervento può lasciare il suo numero e sarà richiamato il più presto possibile.

Seminare bellezza

La telefonata con cui Rita Bellini mi ha detto che desiderava donare tutte le sue opere di carattere sacro alla Fondazione Carpinetum dei Centri don Vecchi è stata per me una sorpresa, una felice sorpresa!

Ho conosciuto questa pittrice veneziana molti anni fa, quando nella mia comunità parrocchiale organizzavo una “Biennale d’arte” sacra a tema. In una di queste, di circa una ventina di anni fa, il tema riguardava San Francesco. In quell’occasione Rita presentò un opera di grandi dimensioni sul “Cantico delle Creature”. Nella mia memoria di quell’opera è rimasto il ricordo di un canto di gioia ed ebbrezza espresso con tutti i colori forti della sua tavolozza. Più che al disegno, questa artista affidò al colore il compito di esprimere l’estasi interiore che nasceva dalle parole umili, pulite e piene di incanto del poverello di Assisi di fronte alla grande opera di Dio creatore, che ha voluto esprimere il suo amore, o meglio la sua tenerezza, nei riguardi dei Suoi figli mediante la bellezza della natura.

Questo ricordo, ormai lontano nel tempo, mi ha indotto ad accettare senza riserve il dono un po’ impegnativo perché si tratta di una cinquantina di opere di notevoli dimensioni.

Di primo acchito di fronte a questa rassegna di quadri di carattere religioso nella quale il figurativo rimane ancora quasi un pretesto, perché l’artista continua ad affidare alle tonalità il compito di cantare il mistero di Dio, m’è venuto da pensare che sarà piuttosto difficile ai miei anziani la “lettura” di questi quadri tanto lontani dalle loro esperienze artistiche, che si rifanno al manierismo abbastanza bigotto di fine Ottocento e della prima metà del Novecento, salvo poi pensare che pure loro devono imparare “la lingua” degli artisti del terzo millennio. Se non avranno la capacità di cogliere i particolari di tutte le “parole” del messaggio della pittura dei nostri giorni, sono convinto che pur nell’inconscio percepiranno il messaggio di questo Dio misterioso, però ineffabile ed ancora affettuoso con noi sue creature.

Sono sempre stato dell’idea che la bellezza è capace di salvare perché essa rimane e rimarrà sempre voce e messaggio del Signore. Ora abbiamo allestito una mostra presso la nostra galleria San Valentino di Marghera con le opere più significative, augurandomi poi di trovare la possibilità nel prossimo don Vecchi 7 di dedicare alle opere di Rita Bellini una mostra permanente, che si aggiungerà a quella di Vittorio Felisati, di Umberto Ilfiore e di Toni Rota.

Per ora non mi resta che ringraziare questa cara pittrice, che continua a seminare a larghe mani la bellezza nella nostra città ed ad additarla all’ammirazione e alla gratitudine dei nostri concittadini.

I nostri protagonisti: Danilo

In quest’ultimo tempo mi è venuto in mente di parlare ai miei amici di chi sono i protagonisti della nostra splendida impresa e del “miracolo” a livello solidale che si è avverato in questi ultimi vent’anni. Di certo è riconosciuto un po’ da tutti il fatto che i Centri don Vecchi siano il fiore all’occhiello di Mestre, ma magari non tutti sanno che il “polo solidale” è cresciuto in simbiosi e non è meno importante e prezioso. “Il miracolo” dei magazzini a favore dei poveri, ossia quel complesso tanto efficiente di attività solidale, che non teme confronti almeno nel Triveneto, rappresenta pure qualcosa di miracoloso. Una delle componenti più importanti di questa attività in favore del prossimo sono i magazzini San Martino, il più grande ipermercato non soltanto di Mestre, di indumenti nuovi e usati per i cittadini non abbienti. Oggi vorrei presentarvi il ritratto del fondatore e del manager indiscusso di questo enorme ipermercato del tessile. L’autore di questo complesso quanto mai efficiente ed originale si chiama Danilo Bagaggia. Questo capitano d’industria, che s’è formato presso la grande azienda dei fratelli Coin, pur venendo dalla gavetta, ha percorso con tenacia e capacità tutta la strada arrivando fino ai più alti livelli. Noi abbiamo avuto la fortuna di poterlo “rubare” all’azienda in cui è cresciuto a livello professionale per farne il promotore dei nostri magazzini. Il signor Danilo, che ha i suoi settantanni, portati molto bene, è partito nella sua nobile impresa nel 2002 e in quindici anni ha costituito il suo “impero” beneficiando di tutte le esperienze che s’è fatto dai Coin e applicando le leggi di mercato con assoluta decisione e rigore. Attualmente la sua e nostra “azienda” copre un’area di circa ottocento metri quadrati, s’avvale di una forza lavoro di 110 volontari, ai quali è richiesta una risposta lavorativa, che qualsiasi azienda del settore esige dai propri dipendenti.

Nei magazzini San Martino ognuno ha la sua mansione, ognuno svolge la sua attività in maniera diligente, deve trattare la “clientela” nella maniera più cortese e appropriata. Non sono ammesse assenze ingiustificate e ognuno deve comportarsi come e meglio che se fosse a libro paga. Quando si apre il “negozio” tutto deve essere perfettamente in ordine. Con questa efficienza pure gli utili a livello morale sono molto lusinghieri. Un giorno il signor Bagaggia, che è diventato da tempo amico carissimo e collaboratore preziosissimo, mi ha confidato: “Per tutta la vita ho sognato di avere una mia azienda, senza purtroppo riuscirci, ora però, che sono in pensione, ho la soddisfazione di aver creato e di dirigere il primo e il più grande ipermercato solidale del tessile, almeno di tutto il Nordest”. Il mio maestro monsignor Valentino Vecchi mi diceva che la vera ricchezza di un Paese è costituita dai capitani d’industria: mi pare che nel suo campo, con Danilo, Mestre e la carità abbiano la fortuna di averne uno, di grande capacità e valore!

I nostri protagonisti: Teresa

I nostri protagonisti: Teresa

Ho la sensazione che mentre tutti a Mestre hanno sentito parlare dei Centri don Vecchi, e credo pure che la stragrande maggioranza ne abbia una buona opinione, purtroppo invece pochissimi vi abbiano messo piede e quasi nessuno conosca il “meccanismo” umano che ci fa vivere e fa vivere bene. Quindi non vorrei mai che questa realtà, che credo rappresenti uno degli aspetti innovativi e migliori nella nostra Città, possa ridursi a una nozione o a una icona, per quanto apprezzata, ma appesa a un chiodo della galleria dei ritratti delle componenti della nostra città. Per questo motivo ho deciso di cercare di diffondere i “meccanismi” segreti che sorreggono questo “miracolo” sociale.

Oggi tenterò di descrivere il volto e il cuore del personaggio che dirige ad anima l’ultimo nato della Fondazione Carpinetum, il don Vecchi sei, il centro destinato ai disabili, ai coniugi separati e alle famiglie in forte difficoltà esistenziale. La vita non è facile in questo centro, perché ospita una sessantina di persone che per i ben pensanti rappresentano il frutto amaro della nostra società irrequieta, e con pochi punti di riferimento sicuri. La persona che è la responsabile si chiama Teresa, una giovane donna, che ha fatto un serio percorso di volontariato in un paese del sud d’Italia, e che poi le irrequiete norme che regolano il mondo della scuola ha deposto come una naufraga nella nostra Città. Questa concittadina acquisita da una dozzina di anni esercita la professione di maestra e dedica tutto il tempo libero e tutta la sua ricchezza umana alle persone che sono giunte bisognose, dopo peripezie difficili, nelle nostre strutture: gente di tutte le età, di tutte le esperienze, scelte solamente per il denominatore comune del bisogno. Teresa spesso è costretta a nascondere la tenerezza e il suo amore di donna sotto “l’armatura” della decisione, della capacità di imporsi e di far osservare le regole, indispensabili per poter vivere in comunità. Qualcuno dice che è perfino troppo forte e decisa, mentre io sono convinto che ella deve spesso imporsi la decisione per tenere il timone di questa comunità per nulla omogenea e per nulla facile da condurre. Spesso provo tanta tenerezza per una creatura che non sempre può lasciarsi andare a una naturale amabilità e dolcezza per una donna e debba assumere posizioni più rigide perché la vita scorra ordinata e serena.

Talvolta però, vedendo quanta è la amabilità con cui si lascia andare verso i bambini, ma pure con quanta comprensione tratti le giovani mamme provate dalla vita, o giovani uomini che arrancano sotto il peso di fallimenti familiari o lavorativi, provo per lei comprensione, ed ammirazione, stima e bisogno di esserle accanto perché non si senta sola di fronte a drammi umani veramente dolorosi. Sono convinto che sia giusto e doveroso che la nostra città sia cosciente che non ci sono solo tra noi donne effimere e deludenti, ma che a Mestre si possono incontrare pure creature forti, generose come Teresa che scelgono di spendere il meglio di sé, della propria giovinezza e del proprio cuore per chi, pur non conoscendolo, scopre che ha bisogno di essere incoraggiato, sorretto e amato.

Marghera “vizia”

Gli anziani che risiedono presso i Centri don Vecchi non solo sono i più fortunati di tutta la città, ma pure i più “viziati”. I responsabili di quello di Marghera, signori Mariateresa e Luciano Ceolotto, a nome dei 60 residenti in via Carrara, ringraziano pubblicamente i gestori della pasticceria Milady perché più volte alla settimana mandano loro le goloserie di loro produzione. Nonostante le recriminazioni dei relativi medici preoccupati per la glicemia, mangiano quanto mai volentieri e semmai sanno che comunque sono in cammino verso il paradiso.

La Fondazione Carpinetum si unisce agli anziani residenti nel Centro don Vecchi di Marghera per ringraziare i cittadini delle numerose offerte, dei lasciti testamentari e non ultimo di questi gesti gentili che ci fanno sentire al centro dell’attenzione dell’intera città.

Onore alla memoria

Da circa un anno e mezzo è tornata alla casa del Padre la concittadina Annamaria Malvestio, che ha seguito sempre con tanta attenzione e generosità lo sviluppo dei Centri don Vecchi e mi ha accompagnato con stima ed affetto nella realizzazione del progetto di offrire agli anziani in disagio economico un alloggio decoroso e funzionale a costi accessibili anche per chi gode solamente della pensione sociale.

La signora Annamaria ha suggellato questa collaborazione anche dopo la sua morte, disponendo che una parte del suo notevole patrimonio fosse destinata ad una decina di strutture solidali, tra i quali c’è stata pure la Fondazione Carpinetum dei Centri don Vecchi. Proprio in questi giorni s’è concluso l’iter testamentario che ha portato nelle casse della Fondazione circa 80 mila euro.

Porto a conoscenza della cittadinanza questo evento perché Mestre possa onorare i suoi cittadini più saggi ed altruisti e si venga a sapere che lo sviluppo pressoché “miracoloso” dei nostri centri è dovuto in parte notevole a questi lasciti testamentari che hanno permesso che in circa vent’anni la nostra città potesse fruire di più di quattrocento alloggi quanto mai degni e signorili per gli anziani meno abbienti, i quali a motivo di questa generosità possono vivere serenamente la loro vecchiaia in ambienti protetti e soprattutto alla portata anche di chi dispone di poco.

Segnalo pure questa scelta tanto meritoria perché sia di esempio e sprono a tutti coloro che dispongono di qualche bene e che non hanno doveri verso parenti diretti affinché tengano conto di questa scelta così meritoria e socialmente utile.

Segnalo pure alla cittadinanza l’impegno e la bravura con i quali l’avvocato Ugo Ticozzi, tanto affezionato alla Fondazione Carpinetum, ha portato a termine questa eredità, che ha presentato dei passaggi quanto mai impegnativi.

Una volta ancora tocco con mano che se gli obbiettivi sono nobili e condivisibili e quando tutti i membri della comunità lavorano per il bene comune è possibile realizzare opere notevoli. Questa ultima eredità sta spronando il Consiglio di amministrazione della Fondazione Carpinetum a sognare con maggiore concretezza e realismo il Centro don Vecchi sette da costruire agli Arzeroni, località in cui dispone di una superficie idonea e di un permesso a costruire da parte del Comune.

Un’altra eredità per la Fondazione

Il signor Angelo Furlan, è morto a Venezia il 28 marzo scorso. Ha donato per testamento l’arredo della sua casa ai magazzini San Giuseppe del Centro don Vecchi.

Della liquidità che possedeva ha lasciato il 27% alla Casa di riposo Santa Maria dei Battuti, il 27% al Centro Nazaret, il 27% a don Armando Trevisiol già parroco di Carpenedo a favore delle sue opere di assistenza e il restante 19% alla nipote. La somma totale da suddividere ammonta a circa 90.000 euro, motivo per cui potremo disporre per i progetti della Fondazione di circa 25.000 euro.

Non posso che ringraziare il saggio e munifico benefattore però sento il dovere di additare pure la sua scelta all’ammirazione e alla riconoscenza dell’intera cittadinanza che trarrà beneficio anche da questa scelta.

Celebrerò quanto prima una messa in suffragio per il bene della sua anima, sperando che questa bella testimonianza di solidarietà spinga tanti altri cittadini a fare altrettanto per continuare a fare del bene in città.

Donazioni di opere d’arte

Rita Bellini, artista quanto mai affermata nel mondo della pittura contemporanea, ha comunicato d’aver deciso di donare tutta la sua produzione a carattere religioso alle strutture dei Centri don Vecchi.

Ella ha esposto più volte alla galleria d’arte “La Cella”, gestita dalla parrocchia di Carpenedo e alla Biennale d’arte sacra promossa dalla stessa comunità cristiana. La Biennale d’arte sacra è stata un’importante iniziativa durata un quarto di secolo, che aveva come finalità quella di accostare gli artisti del Triveneto alle tematiche religiose per aiutare i pittori a dare ai soggetti religiosi espressioni che si rifacciano alla sensibilità e allo stile del nostro tempo.

La pittrice, che ci ha fatto questa generosa e preziosa donazione, già nel passato aveva donato alla villa Flangini di Asolo una serie di quadri che illustravano il “Cantico delle creature”; opere che sono custodite nella sala dei congressi della residenza.

Con i quadri appena regalatici possiamo realizzare a fine estate una mostra nella galleria San Valentino al Don Vecchi di Marghera, per poi tentare di trovare uno spazio per farne una galleria permanente presso uno dei nostri centri.

Mi pareva doveroso informare la cittadinanza di questo dono così significativo, dono che arricchisce ulteriormente la più grande pinacoteca d’arte moderna esistente nella nostra città che ha sede presso i nostri Centri don Vecchi e nel contempo dare pubblica notizia di questa offerta e manifestare la riconoscenza della Fondazione Carpinetum e dell’intera città alla nostra artista veneziana.