La nuova congregazione

Il cardinale Patriarca Angelo Roncalli mi ordinò prete nella basilica di San Marco nel 1954 e dopo pochi giorni l’allora vicario generale mi chiamò a fare il cappellano ai Gesuati. Seppi poi che fu il parroco di quella parrocchia, che era stato anche il parroco della mia infanzia ad Eraclea, a fare questa richiesta. Due anni dopo lo stesso “vice Patriarca” mi spostò improvvisamente in Duomo a Mestre. Venni a sapere poi che il cappellano di allora era stato allontanato per certi comportamenti non troppo corretti nei riguardi dei ragazzi. Ci fu un certo scandalo e l’allora parroco monsignor Aldo Da Villa, che mi aveva conosciuto e mi aveva “scoperto” appassionato nel sostenere le mie idee, pensò che potevo essere il prete giusto per tamponare lo smarrimento che la vicenda pruriginosa aveva provocato tra i giovani della parrocchia.

L’inizio fu difficile, però l’entusiasmo delle primizie del mio sacerdozio mi aiutò a superare le difficoltà iniziali. Dapprima mi occupai della gioventù dell’Azione cattolica, quindi mi furono affidati gli scout dei quali avevo fatto una bella esperienza quando ero a Santa Maria dei Rosario alle Zattere. In verità il movimento era allora mal ridotto, ma in pochi anni rifiorì in maniera veramente promettente: tre branchi, tre reparti, due noviziati e due clan ed altrettante unità nel settore femminile. Penso che raggiungemmo in quegli anni i due/trecento ragazzi a San Lorenzo martire e nel contempo ci espandemmo in molte parrocchie della città.

I diciotto anni passati nella parrocchia di piazza Ferretto furono entusiasmanti; a tutt’oggi godo ancora della simpatia di quei ragazzini, che ora sono nonni e bisnonni. Non passa settimana che qualche uomo o donna più che maturi non venga a dirmi: “Don Armando si ricorda che..?” Chi semina sono certo che prima o poi, tanto o poco, raccoglie e io sto ancora raccogliendo da quella semina.

Voglio raccontare in proposito ai giovani preti una bellissima storia, proveniente da quel tempo e da quella comunità. Un paio di mesi fa mi si presentò una signora sui sessant’anni dal portamento asciutto e ascetico che dopo qualche confidenza mi ha detto: “Finora ho tentato di conoscere e amare il Signore mediante l’ascesi e la preghiera, ora vorrei continuare a farlo mediante il servizio ai poveri”. Con suor Teresa riuscimmo a trovarle al Don Vecchi un piccolo alloggio, più simile a una cella da eremiti che a un appartamento per anziani e da una settimana questa donna di Dio fa parte della nostra famiglia. Sono sicuro che ella metterà a disposizione del Signore, vestito da povero, i prossimi trent’anni della sua vita!

Una volta, vedendo il nostro numeroso esercito di volontari, il cardinale patriarca Marco Cé mi chiese tra “il serio e il faceto”: “Perché don Armando non pensi di fondare un ordine religioso?” Allora pensavo che erano fin troppi gli ordini religiosi e poi sono sempre stato convinto che oggi sia giunto il tempo d’amare e servire il Signore senza troppe monache e troppe regole, ma ascoltando la voce del proprio cuore e facendo del nostro meglio a favore del prossimo in difficoltà. Comunque, anche senza cerimonie e autorizzazioni vaticane, al Don Vecchi è nata una nuova “congregazione religiosa” composta da Suor Michela, Suor Angela, Suor Teresa, da me e dalla “novizia” appena entrata. Non ci siamo ancora dati un nome, perché siamo poco convinti che serva, però abbiamo sogni e progetti da vendere.

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