Qualche tempo fa “Il Gazzettino” ha dedicato, per più giorni, colonne su colonne ad un nuovo dramma che ha colpito la nostra città.
Lo spazio, i titoli, l’insistenza mi hanno quasi costretto ad accertarmi sulla nuova calamità che s’è aggiunta all’acqua alta, al degrado urbanistico ed ai contraccolpi della crisi economica. Quando poi ho visto che anche il nostro sindaco filosofo s’è fatto coinvolgere dall’evento, ho sentito il dovere come cittadino d’informarmi su questa sventura che sta colpendo la nostra città.
Non ho letto tutto, perché il giornale vi ha dedicato pagine intere, ma ho potuto finalmente comprendere che “Il Venezia” dovrebbe partire, sempre se riesce a trovare qualche allocco disposto a buttare soldi dalla finestra, che gli darà fiducia e finanzierà la squadra che da qualche anno colleziona sconfitte una sull’altra.
Comunque il cronista sportivo assicura che il progetto del nuovo stadio di tessera si farà.
Questa rassicurante notizia, che apre il cuore al sole dell’avvenire, mi ha fatto venire in mente l’intervento al Laurentianum di uno dei fedeli tipografi de “L’incontro”, a quel tempo egli era pressoché ragazzino, perché si tratta di discorsi di più di quarant’anni fa. Anche allora si parlava del nuovo stadio. Tatino lo chiamavano tutti così, in realtà si chiama Massimo, prendendo il tono dell’imbonitore del mercato di paese cominciò col dire: “Forse uno stadio da cinquantamila è un po’ esagerato!” e poi pian piano cominciò a scendere come Abramo con i giusti di Sodoma e Gomorra, arrivando a concludere: “Anche se fosse uno stadio da mille persone, accettiamolo pur che si faccia!”.
Sono passati più di quarant’anni e a Venezia si continua a parlare di un mega stadio che dovrebbe servire a non so chi, dato che i verdi-arancione, non si sa neppure se riescono a trovare i quattro soldi per iscriversi al campionato dei “pulcini”.
“Povera Venezia, sì bella e perduta!”
Il guaio poi è che ciò non avviene solo per il calcio!”.