Quando dimostravo a Monsignor Vecchi la mia ammirazione per chi aveva aiutato la parrocchia o le opere che da essa erano promosse, egli si dimostrava stupito per la mia riconoscenza per questi benefattori che generosamente mettevano a disposizione denaro, strutture o mezzi e mi faceva osservare: “Macchè, sono invece loro che mi debbono dire grazie perchè ho dato loro l’opportunità di fare un’opera buona e di guadagnarsi qualcosa per il cielo!”
Io non ho imparato in maniera totalmente decisa questa lezione, ma mi è comunque rimasta in fondo alla coscienza e sempre mi aiuta a ribadire ai miei concittadini di ricordarsi dei poveri nel loro testamento.
Qualche risultato l’ho conseguito per il passato, pur non avendo avuto manifestazioni di gratitudine dai benefattori, nè tanto meno dai beneficiati. Speriamo che almeno il buon Dio non si dimentichi di questo povero prete che tenta di turbare la coscienza di chi ha e in cambio riceve quasi sempre il biasimo dei cristiani e dei preti che pare si nutrano soltanto di spirito e perciò si sentono autorizzati a criticare chi si sporca le mani con il vil denaro per aiutare il prossimo.
E’ vero che c’è una carità che si può fare anche con un sorriso, un saluto, uno sguardo ed una stretta di mano, ma questo tipo di solidarietà non è quasi mai compresa da chi è in difficoltà e soprattutto non risolve nulla per chi non ha casa, oppure ha una pensione insufficiente o versa in mille altri guai che si risolvono solamente con il denaro.
Pare che gli inglesi, a proposito, abbiano da tempo superato lo scandalo del denaro con il proverbio popolare: “Il denaro è un pessimo padrone, ma un ottimo servitore!”