Da “COMUNITÀ E SERVIZIO” – 29 aprile 2018

Da “COMUNITÀ E SERVIZIO” – 29 aprile 2018
settimanale della parrocchia San Giuseppe di viale San Marco

Don Bonazza, nel suo intervento settimanale, comunica alla comunità che il seminarista che il patriarca ha messo a servizio della collaborazione pastorale ha fatto un ulteriore passo verso il sacerdozio ricevendo l’accolitato. Don Bonazza approfitta di questo avvenimento per ribadire il parallelismo tra servizio a Cristo, rappresentato dall’Eucarestia e allo stesso Cristo rappresentato dalla comunità-

Mi pare quanto mai interessante l’articolo “Bulli non si nasce” di Monica Alviti che invoca un fronte comune tra docenti, dirigenti scolastici e famiglia, non solo per deprecare con deprecare i tristi fenomeni di “bullismo scolastico”, ma per reprimerlo con decisione da parte di ogni componente della comunità.

La quarta pagina del periodico è dedicata agli eventi religiosi e civili in occasione del mese di maggio e delle feste della parrocchia.

don Armando

CHIAMATI A SERVIRE
di don Natalino

Finalmente è giunta la buona notizia! a lungo attesa. Nel pomeriggio di domenica prossima 6 maggio, alle : 16.30, Daniele Cagnati, il seminarista ; destinato quest’anno alle nostre parrocchie in collaborazione pastorale, riceve il ministero di accolito dal Patriarca Francesco. Che cosa significa? ; Si tratta di un compito stabile riconosciuto nella Chiesa e che può essere affidato anche a dei battezzati laici. E’ un servizio che nasce ai piedi dell’aiutare, in aiuto al sacerdote che celebra l’eucaristia, ma non si ferma qui. Tende a espandersi nella vita servire il corpo di Cristo nel sacramento porta a servire il corpo di Cristo che è la Chiesa, specialmente le membra più fragili (i piccoli e i poveri) e sofferenti (gli infermi).

Per Daniele si tratta di un passo in avanti nella sua formazione al sacerdozio: non un titolo in più, ma piuttosto un coinvolgimento più profondo.

«Accolito» e un termine che viene dal greco e nel suo significato originario significa «compagno di viaggio». Diventare accolito spinge a mettersi ancora di più a disposizione del Figlio, che compie la missione affidatagli dal Padre, e per questo occorre lasciarsi plasmare dall’eucaristia. Mentre stiamo accompagnando Daniele nel suo cammino vocazionale con la preghiera e l’amicizia fraterna, ricordiamoci che don Giorgio Balestra dal suo letto in ospedale offrì le sue sofferenze in preghiera «per i sacerdoti e per le vocazioni».

BULLI NON SI NASCE

Non ho figli adolescenti ma una lieve traccia di ribellione è già presente in loro. Sono una madre permalosa come la maggior parte delle madri quando le si toccano i propri figli ma un vago senso di obiettività e lucidità ancora mi appartengono.

Leggo articoli di giornale e do un’occhiata veloce (non riesco a guardarli per via del fastidio che mi suscitano!) ai video pubblicati su fb in cui giovanissimi cafoni si permettono di canzonare (quando si limitano a questo) un professore remissivo mentre qualcuno riprende l’umiliante (non solo per il professore!) scena.

Ricordo come reagiva mia madre alla notizia di un mio brutto voto e la mia angoscia nel doverglielo riferire perché poi sapevo sarebbe seguita una punizione. Ricordo quando e quante volte ci si alzava in piedi all’arrivo in aula del preside, di un altro insegnante, della bidella. Avevo una certa riverenza per gli insegnanti, per gli adulti in generale a dire il vero e non perché fossi una sfigata ma perché così mi era stato insegnato, dai miei genitori e dalla scuola. Come siamo potuti arrivare a questo punto? Cosa ci è sfuggito di mano? In questo eterno passarsi la patata bollente tra famiglia e scuola, tra insegnanti e genitori, dove sta l’inghippo? Io ascolto. Ascolto molto; genitori, figli, insegnanti.

Ci sono ancora, ma credo siano diventati davvero rari, i genitori “di una volta” che prima di dare ragione a spada tratta ai propri figli, vogliono sincerarsi di come sono andate le cose davvero e sentire anche e soprattutto la versione degli insegnanti.

Ma ci sono genitori che faticano a riconoscere determinati comportamenti come appartenenti ai propri figli. Dietro quel “mio figlio non farebbe mai una cosa simile” si nasconde la tragedia: quel genitore non consce suo figlio! E questo non dovrebbe stupirci ormai più, dal momento che la comunicazione in famiglia è evento raro se non via chat.

Ci sono figli che a quanto pare non sanno più a chi raccontare le loro angosce e arrivano ad affidarle ad un foglio bianco che diventerà nel peggiore dei casi un necrologio. Ci sono insegnanti sfiduciati dalle istituzioni, abbandonati a se stessi, senza l’appoggio né dei colleghi né soprattutto del dirigente scolastico (a loro volta abbandonati dalle istituzioni), che si trovano paradossalmente con le mani legate per non rischiare una denuncia dai genitori e che si trovano a subire certe mortificazioni passivamente, senza poter reagire. Non credo manchi a tutti il coraggio di farlo, manca però la sicurezza di essere poi spalleggiati e sostenuti nell’intento.

Non si tratta di non cogliere le provocazioni ma di provvedere, correggere e punire comportamenti inadeguati. Compito questo prima di tutto delle famiglie ma anche della scuola. Non per ultima, come parrebbe finalmente muoversi in questi ultimi tempi, dopo i troppi fatti di cronaca, della legge! In breve: bulli non si nasce, lo si diventa quando qualcosa non funziona correttamente come dovrebbe funzionare ma non si tratta di danno irreparabile! Per riparare però ci vuole coscienza, buon senso, collaborazione e soprattutto ammissione.

Monica Alviti

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