I miei educatori

Ora che sono vecchio provo ogni giorno di più riconoscenza ed ammirazione per i miei educatori.

Ogni tanto prendo coscienza che debbo a loro il meglio di me.

A mio padre e a mia madre debbo il senso della sobrietà nel vivere, la coscienza dell’impegno e del lavoro. Ai sacerdoti della mia fanciullezza, don Nardino Mazzardis e don Giuseppe Callegaro, il senso del sognare un mondo buono e pulito, a don Giuliano Bertoli la convinzione che è possibile guidare i ragazzi e i giovani alla solidarietà e di farne degli uomini onesti e generosi, a Monsignor Vecchi la volontà di perseguire mete impossibili e di farlo con un atteggiamento di appassionata avventura, a don Silvio Tramontin l’amore per la storia e la letteratura, a Mons. Umberto Mezzaroba la passione per le anime, una passione assoluta che non ammette che alcuno ne sia escluso, a Mons. Aldo da Villa, l’impegno a parlare onestamente, a predicare col cuore, a non dire frasi fatte o luoghi comuni, ma a dare messaggi alti e sublimi. Ancora a Monsignor Vecchi il gusto per l’arte e la pittura in particolare.

Queste persone hanno tracciato sulla mia coscienza dei segni profondi ed indelebili che non potrei cancellare anche se lo volessi. Ma non lo voglio perché credo che essi siano il meglio di me.

A questi educatori vicini si aggiungono le splendide figure dei profeti del nostro tempo: da don Mazzolari a don Milani, da Giovanni XXIII al Cardinale Agostini il Patriarca di Venezia dimenticato, ma che per me fu ed è ancora una figura di prete e di vescovo integerrimo, da don Antonino Bello al Cardinale Ferrari, da Monsignor Facileni a don Gnocchi, da La Pira a De Gasperi.

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