Certi peccati, particolarmente gravi, pur confessati, riaffiorano sempre, per cui nasce quasi il bisogno di confessarli ancora. Questo stato d’animo si ripete, per me, non solo per i peccati, ma anche per certe carenze “professionali”.
Predicare, per me, rappresenta un tormento, predicare poi durante le grandi feste cristiane, il tormento diventa sempre più un tormentone. Come fanno tanti preti a ripetere pensieri banali, verità scontate, discorsi fuori corso e per nulla incidenti sulla coscienza e sulla vita della gente normale?
Motivo per cui la ricerca di un qualcosa di valido e convincente diventa affannosa, piena di preoccupazione insistente.
Quest’anno per Natale il problema si ripetè come al solito finché il Signore volle che un filo di luce illuminasse il mio spirito e pian piano approdassi su un terreno che mi è parso solido.
“Gli amici del presepio” portarono il presepio, da metter sotto l’altare della cappella del cimitero, poco dopo l’Immacolata. Così che per una quindicina di giorni sono passato davanti alla culla vuota che attendeva Gesù per il 25 dicembre. In verità mi faceva un po’ di tristezza quella culla vuota, tanto che una mattina, mentre solo soletto, nella chiesa deserta e fredda, guardavo Maria e Giuseppe, che a loro volta erano accanto a quella culla vuota, mi dissi: “Come sarebbe la mia vita se quella culla di Betlemme fosse rimasta vuota?” la mia mente si mise in moto: non saprei da dove sono venuto, perché sono a questo mondo, e a che parasse il mio vivere. Mai avrei potuto immaginare che in Cielo ci fosse qualcuno che mi vuole bene, mai avrei potuto pensare di poterlo chiamare io “Padre”, mai avrei potuto immaginare che Egli è disposto a perdonarmi, ad aspettarmi in fondo alla strada della vita, ad’accogliermi ancora nella sua “casa”! Il mondo senza Gesù sarebbe ben squallido, pieno di mistero e di desolazione.
Quest’anno per Natale dissi ai miei fedeli che ci è stato dato un autentico tesoro e noi corriamo il pericolo di comportarci come sia un mucchio di pietre false.