Da “LA VOCE DELLA RIVIERA” – 12 novembre 2017

Da “LA VOCE DELLA RIVIERA” – 12 novembre 2017
settimanale dell’unità pastorale delle comunità cristiane del Sacro Cuore, di San Pietro in bosco e di Santa Maria Maddalena

Il periodico si presenta sempre più curato ed elegante nelle sue sei facciate di testo. Consiglio di leggere “I pensieri in libertà di un parroco della riviera” di don Cristiano Bobbo.

Ripeto che queste riflessioni a voce alta del parroco, sviluppate pure in maniera diversa, potrebbero essere una soluzione che ogni parroco potrebbe adottare. Ho la sensazione che le soluzioni adottate da questo periodico per dare contemporaneamente voce e messaggio alle tre parrocchie siano tra le più efficaci e riuscite.

don Armando

Pensieri in libertà di un Parroco della Riviera
di don Cristiano Bobbo

La chiesetta campestre

In questa seconda Domenica di Ottobre ho avuto la gioia di celebrare la S. Messa nell’antico oratorio della Colombara dedicato alla Madonna del Rosario di cui ieri si celebrava la festa liturgica. Un bel gruppo di fedeli si è dato appuntamento in questo caratteristico angolo silenzioso e appartato collocato tra la Riviera e la zona di Marghera, immerso nel verde campestre e raggiungibile camminando lungo l’argine. I raggi di sole di questo splendido pomeriggio entravano come sciabolate di luce dalle ampie vetrate del vetusto oratorio e si posavano sull’altare e sul sovrastante simulacro della Madonna quasi a risvegliare le antiche memorie di questo luogo di preghiera dove le tante generazioni che si sono susseguite hanno invocato la protezione e l’aiuto che viene dall’alto.

Qui anche le pietre si mettono a raccontare la loro storia, le suggestioni si alternano spontaneamente allo stupore e la serenità tocca i cuori. Eppure, poco lontano, il presente ci raggiunge con i grigi simulacri di un grande centro commerciale, con le vecchie ciminiere in progressiva dismissione e con il traffico intenso che scorre sull’asfalto oltre la campagna.

Un piccolo oratorio settecentesco cosa mai può rappresentare di fronte al nuovo, alla tecnologia e all’efficienza dell’oggi? Forse un discreto richiamo a noi che stiamo diventando sempre più “smemorati”.

E non soltanto perché la frenesia contemporanea macina tutto con estrema celerità ma anche perché cancelliamo senza rimpianto e imbarazzo i grandi valori che ci hanno nutrito e resi capaci di libertà, di giustizia, di pace, di cultura e di spiritualità.

Impressiona vedere come le nostre metropoli siano solo capaci di ostentare la tecnologia informatica quale vertice della loro creatività oppure la vanità inconsistente della moda. Ricordare oggi un piccolo scorcio di storia e di cultura, vuol dire ritrovare la bellezza, la vita e la speranza, la fede e la ragione che una piccola realtà, come quella della Colombara, immota e silenziosa, continua a custodire per tutti noi!

Una stretta di mano

Ho incrociato per strada il gruppo di amiche che procedevano gioiose verso il patronato dove le attendeva il consueto appuntamento settimanale con le attività per gli anziani proposte dalla parrocchia. Anche questa volta, con tanta simpatia mi hanno ripresentato la richiesta di incrementare queste occasioni di aggregazione che rappresentano un formidabile aiuto soprattutto per chi è solo e ha bisogno di compagnia. Altrimenti, mi hanno detto, non resta che la televisione dove, di pomeriggio, “si sta ad ascoltare i fatti degli altri”, alludendo a quei programmi – a quanto pare molto seguiti – che mettono in luce storie, amori, disavventure della vita quotidiana e che rispondono al bisogno di relazione presente soprattutto nella vita di chi è solo.

Certo, c’è un’intimità che dev’essere tutelata e che non può essere gettata in piazza, come accade in certi programmi televisivi. Ma c’è una necessità di contatto, di dialogo, di simpatia, di amore, di reciprocità che rende più gioiosa la vita, meno amaro il dolore, più intenso l’impegno. E allora anche un semplice appuntamento settimanale in parrocchia può rappresentare una mano tesa sia per essere aiutati sia per aiutare: quella stretta di mano dà un calore e un colore diverso all’intera esistenza.

Oltre la siepe

Ho ascoltato il racconto deluso e rassegnato dei familiari della persona deceduta oggi all’ospedale e della quale celebrerò il funerale tra qualche giorno.

Dal loro punto di vista i medici che l’avevano in cura hanno considerato in maniera parziale lo stato di salute che, invece, andava letto in un contesto più ampio. Ma, purtroppo, non è la prima volta che l’eccesso di specializzazione, la settorialità estrema, possono produrre effetti deleteri. Capita, infatti, che la medicina sia in grado di curare in modo perfetto una sindrome ma ignori il contesto, lasciando magari morire il paziente.

La tecnica spesso è chiusa e orgogliosa, convinta di risolvere da sola una complessità com’è quella umana che sempre deborda e sfugge. La specializzazione e il rigore sono necessari in ogni ambito dell’esistenza ma anche il respiro più ampio della visione generale. La considerazione vale soprattutto per me che pur non essendo un dottore, non posso comunque limitarmi a curare il ristretto perimetro che delimita la canonica e la sacrestia disinteressandomi di tutto il resto. Saper garantire la fedeltà al mio specifico campo di lavoro ma anche la capacità di guardare l’orizzonte oltre la siepe, è il sano equilibrio che non devo mai trascurare.

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