Da “LA BORROMEA” – 29 ottobre 2017

Da “LA BORROMEA” – 29 ottobre 2017
settimanale del duomo di San Lorenzo di Mestre

Penso che questo periodico sia l’unico tra i fogli parrocchiali di Mestre stampato in tipografia ed è quindi particolarmente elegante. Oltre gli avvisi comuni a tutte le parrocchie, di solito offre solamente una riflessione pacata e solida del parroco, mons. Gianni Bernardi, che è rivolta, o almeno è più adatta, ai cristiani più pensosi e capaci di accogliere la sana dottrina della tradizione.

don Armando

OPERAI DEL VANGELO PER PORTARE SPERANZA DOVE GLI UOMINI VIVONO

Ho avuto la gioia di rileggere, negli ultimi giorni, la lettera pastorale che il patriarca Marco Cè aveva indirizzato alla diocesi in preparazione all’anno 2000, anno di grazia del Signore. La lettera si intitolava propriamente La comunità cristiana in missione nell’anno di grazia del Signore ed era nata come strumento di diffusione di una proposta pastorale ben precisa, con l’intendimento di prospettare gli obiettivi sostanziali e di indicare la direzione del cammino da percorrere: un cammino che avrebbe visto tutti i fedeli della diocesi tendere verso l’incontro con il Signore nell’anno giubilare, che sarebbe stato, secondo la profonda intuizione del patriarca, un’occasione propizia per parlare di Gesù: avrebbe aperto molte strade per far risuonare il suo nome e per incontrare Gesù.
Sono passati ormai tanti anni dal 2000; sono passati tanti anni anche dalla lettera del patriarca Marco: è cambiata la realtà dell’uomo, della società e della cultura. È cambiata anche, in molti aspetti, la realtà della Chiesa.
Eppure, quanto il patriarca scriveva conserva ancora, a mio avviso, una profonda attualità, in quanto capace di stimolare la vita cristiana, anzi la vita di ogni cristiano, proprio perché pone interrogativi che, se si è persone serie, non si possono eludere. Ad esempio, al n. 14 la lettera parlava della necessità di far perno su una rete di operai del Vangelo, da considerare una intelaiatura missionaria permanente: «Il Vangelo ci parla dei “dodici”, dei “settanta” e delle “folle”. La categoria che noi vorremmo, primariamente, benché non esclusivamente, attivare per la missione, risponde ai “settanta”, che dilatano e portano a compimento, con i dodici, l’opera di Gesù e l’annunziano alla gente. Pertanto, a livello parrocchiale, quattro realtà andrebbero particolarmente valorizzate perché costitutive del dinamismo essenziale della comunità: gli adulti, le famiglie, i giovani, i catechisti e i diversi animatori che sono per definizione “operai del Vangelo”».
Le parole del patriarca mettevano in luce alcuni problemi che sono ancora presenti nella vita della Chiesa e della nostra parrocchia: non per niente il mio intervento sulla Borromea dell’I ottobre portava un titolo provocatorio: «Adulti assenti dalla comunità: come si può tener viva la fede?». Purtroppo, non molti hanno saputo o voluto cogliere la provocazione… questo ci porta a dire che c’è ancora grandissimo bisogno di una rete di veri operai del Vangelo. Il patriarca parlava di un frutto dell’anno giubilare: la presenza nelle parrocchie e negli ambienti di vita di gruppi organici di battezzati, formati con il metodo del discepolato, a
servizio della nuova evangelizzazione, cioè dell’annuncio del Vangelo in una realtà che aveva subito radicali cambiamenti, cambiamenti che continuano anche oggi: faceva l’esempio, in primis, dei gruppi di ascolto, che caratterizzava così: «uomini, donne, giovani e famiglie che, dove il Signore li ha collocati, portino l’assillo di condividere il Vangelo che hanno nel cuore e lo realizzino come vocazione e come ministero in nome e per conto della loro Chiesa». Ecco, è proprio questo che sembra ancora mancare oggi: una forte presa di coscienza dei battezzati laici: la Chiesa ha davvero bisogno di questi “laici per i laici e per la storia”, come diceva il patriarca Marco. Ha bisogno di loro particolarmente nella prospettiva di “evangelizzare fuori le mura”, per andare ad annunciare il regno di Dio in ogni luogo dove l’uomo vive.
Per questo tutta la Chiesa è impegnata a formare laici evangelizzatori: è la fatica che stiamo vivendo anche noi, nella nostra parrocchia. Una fatica che talvolta sembra insopportabile. Fra i tanti battezzati e credenti, possibile che spesso non si trovi chi possa portare il Vangelo lì dove gli uomini del nostro tempo vivono, lavorano, spesso soffrono e lottano, e talvolta sperano?
Non vogliamo essere un gruppo, piccolo o grande (abbiamo 12.000 parrocchiani!) di “amici”. Dobbiamo essere, come ci ricorda papa Francesco, una Chiesa “in uscita”. Il patriarca Marco avrebbe amato questa immagine per indicare la comunità cristiana. Proviamo a pensarci anche noi.

don Gianni Bernardi

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