Mea culpa, nostra maxima culpa

Le denunce che le cose non vanno bene, né nel mondo né nel nostro Paese, sono infinite e continue tanto da far apparire la situazione peggiore di quanto non sia nella realtà. L’immagine di Carnelutti, il celebre “principe del Foro Veneziano”, quando affermava che anche pochi papaveri danno l’impressione che il campo di grano sia completamente rosso mentre in realtà non è così, mi colpisce ancora perché anche ai giorni nostri sono infinitamente di più le cose che funzionano rispetto a quelle guaste anche se queste ultime ci colpiscono maggiormente.

Resta comunque la cattiva abitudine di reagire di fronte alle difficoltà attribuendo le colpe e scaricando le responsabilità di tutto quello che non funziona, di tutto quello che non riteniamo giusto sui nostri politici che di colpe e di difetti ne hanno tanti ma la responsabilità non è solo loro anche se è certamente più comodo crederlo perché giustifica la nostra inerzia.

A me è di costante monito la solare affermazione che a questo riguardo fa Don Mazzolari nel suo famoso volume Impegno con Cristo: “Come la notte comincia con la prima stella che si accende in cielo e la primavera con lo sbocciare del primo fiore, così il mondo si fa nuovo quando ognuno si fa nuova creatura”.

Detto questo vorrei insistere su un altro aspetto che per me è determinante. A livello civile troppi pensano di esaurire con il voto, anche se espresso dopo una seria riflessione, il loro impegno e il loro dovere nei confronti della società. A livello religioso invece spesso un cristiano ritiene che per seguire l’esempio di Cristo sia sufficiente frequentare la Messa e osservare le principali regole morali senza pensare di avere anche dei doveri verso la comunità ecclesiale.

Se è vero che sia in campo civile che religioso l’esempio e la testimonianza personale sono importanti, è altrettanto vero che non sono sufficienti e sia il cittadino verso il proprio Paese che il cristiano verso la Chiesa hanno il sacrosanto dovere di partecipare, di intervenire costantemente e con decisione esprimendo critica, protesta o consenso su tutti gli aspetti della vita sia civile che ecclesiale.

Quindi, dopo aver tentato di essere noi per primi cittadini e cristiani coerenti, ci rimane l’obbligo di incalzare i responsabili della politica e della religione correggendo, insistendo, segnalando e offrendo il nostro contributo di pensiero. Tutto questo naturalmente non può ridursi ai soliti quattro gatti che protestano sempre per partito preso: vedi i centri sociali o gli altri soliti pochi che scrivono sulle rubriche “Lettere al Direttore”.

Sono convinto che se ai nostri sindaci, ai nostri parlamentari e ai nostri vescovi giungessero migliaia o decine di migliaia di lettere di protesta o di incoraggiamento per le loro decisioni le cose andrebbero ben diversamente da come vanno lasciando i “governanti” soli nelle loro scelte, in caso contrario dovremmo batterci il petto e confessare: “mia colpa, mia colpa, mia massima colpa”.

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