“L’indipendenza” della magistratura

Non vorrei “passare alla storia” come un nemico dei magistrati perché io ho un sacro rispetto per il ruolo che questi cittadini svolgono all’interno della nostra società. A me, lo ripeto mille volte al giorno, non piacciono le divise piene di decorazioni dei militari e meno ancora piacciono i paludamenti stravaganti dell’alto clero, però sono perfino disposto ad accettare le toghe se esse possono sottolineare l’importanza, la dignità e il compito sacro e sublime di chi deve giudicare ed applicare le leggi promulgate dal Parlamento. Detto questo a scanso di equivoci, confesso che non ne posso proprio più del discorso asfissiante “dell’indipendenza della magistratura”. L’altro giorno ho seguito a Radio Radicale un convegno di questi operatori dello Stato, ascoltando indignato lo sproloquio di un magistrato donna su questo argomento o presunto pericolo. Non so che cosa centri “l’indipendenza” con la pretesa di avere, a differenza di tutti gli altri cittadini, un mese e mezzo di vacanza, di avere in assoluto lo stipendio più alto, di avere in arretrato dieci milioni di cause, di impiegare dieci anni per sentenziare per una causa civile. Cari magistrati, datevi una mossa e ricordatevi che alla fin fine siete uomini come tutti gli altri!

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