Baruffe chiozzotte

Nota della redazione: questa riflessione risale a ottobre. Successivamente la concessione è finalmente giunta.

I miei rapporti col Comune, ossia con gli uffici e con i suoi dipendenti, non sono mai stati idilliaci. Credo che i motivi di fondo siano questi.

  1. Ho la convinzione profonda che tutta la struttura comunale sia al servizio del cittadino e non viceversa. Non accetto di dovermi mai presentare col cappello in mano a mendicare un servizio che mi è dovuto.
  2. Non accetto e non accetterò mai una burocrazia lenta, farraginosa e cartacea. I dipendenti del Comune devono essere lesti, efficienti, rispettosi come qualsiasi altro dipendente di qualsiasi negozio o impresa. Quindi non accetto la “casta” dei dipendenti pubblici.
  3. Non ho mai avuto una grande opinione di quei Consigli periferici di carattere consultivo, perché ho l’impressione che siano composti da personaggi della sottopolitica, verbosi e inconcludenti.

Dato questo mio modo di pensare più di una volta ho avuto modo di entrare in rotta di collisione con rappresentanti del Comune.

Al momento in cui sto buttando giù queste note, sto attendendo da sette mesi la concessione edilizia per il “don Vecchi sei”, la struttura che tende a creare opinione pubblica e cultura verso le emergenze abitative. Mi sono scontrato ancora una volta, tanto che qualcuno mi ha minacciato di chiedere all’avvocatura del Comune di sporgermi querela.

Pure in passato mi è capitato qualcosa del genere con la municipalità, che allora si chiamava “Consiglio di quartiere”. Avendo ottenuto in affitto dal demanio militare quarantamila metri quadri della superficie attorno al forte di Carpenedo perché i ragazzi potessero giocare, ho chiesto ad un imprenditore di spianare il terreno e poi, essendomi accorto che il pallone rischiava di andare in strada con pericolo per gli automobilisti e per gli stessi ragazzi, trovai chi si è offerto di proteggere il campo con una rete alta parecchi metri.

Ma mentre si stava mettendo in atto questa operazione, un membro del Consiglio di quartiere di Rifondazione comunista, passando di là si accorse di quanto il prete stava facendo. Il Consiglio di quartiere mi convocò in veste di imputato.

A verbale si imputava alla “ditta don Armando Trevisiol” di aver manomesso il terreno, mettendo in pericolo le ninfee nane esistenti in quel luogo. Per non aver grane, ma soprattutto per la difficoltà di seguire i ragazzi, restituii al demanio il terreno che, ben presto, si coprì di gramigna e rovi, altro che di ninfee nane! Ognuno può immaginare quale opinione ebbi di questi pubblici amministratori.

Ora ho protestato per il fatto che gli stessi amministratori, mi minacciano di farmi querelare solamente perché ho ritenuto doveroso protestare per l’eterna lentezza del Comune, che finisce per impedire ai cittadini volonterosi di supplire alle sue carenze e a gente che soffre per mancanza di lavoro di poterne avere uno sicuro almeno per un paio d’anni.

Credo che protestare non sia solamente un diritto, ma un sacrosanto dovere!

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