E’ noto ormai da secoli l’evento descritto dalla Bibbia nel quale si racconta che in Egitto ad un periodo di grande prosperità è succeduto un tempo di carestia.
Lo scrittore biblico, rifacendosi alla cultura e alla società agreste di allora, dedita soprattutto alla pastorizia, descrive quella che noi definiremmo la crisi economica come il tempo delle vacche grasse e quello delle magre.
Molti paesi del mondo purtroppo non hanno nemmeno la fortuna dell’alternanza perché permangono da secoli nel periodo delle “vacche magre”. Invece noi, nazioni della vecchia Europa, forse avvertiamo di più la crisi perché abituati all’agiatezza e all’opulenza, spesso derivanti dallo sfruttamento dei più poveri.
L’Italia, il Veneto, Venezia e perfino la nostra diocesi sono pure pressati da qualche tempo da questa stagione amara. Non sfugge da questo fenomeno d’ordine economico neppure la Chiesa veneziana. Al nostro Patriarca, per sua disgrazia, è toccato in eredità il tempo delle “vacche magre” e molto saggiamente ha dovuto ricorrere, nella non felice situazione, al “taglio”, non essendo sempre compreso e confortato dalla condivisione di preti e laici.
Ricordo che uno dei pochi amici che ho in curia, in tempi non sospetti, mi disse che la nostra diocesi ne avrà per almeno vent’anni per saldare debiti pregressi. Proprio anche in questi giorni il Gazzettino informava la cittadinanza che il Patriarca sta continuando nella sua amara necessità di “tagliare”.
Alcuni tagli mi hanno lasciato soltanto spettatore curioso, perché non coinvolto e perché critico per natura da tanto tempo ad una impostazione della curia, a mio parere “poco risparmina”. Mi sorprende che quelle rare volte che telefono in curia ad uffici diversi mi senta rispondere, subito dopo il comprensibile centralinista, da una delle segretarie dei titolari di quegli uffici. Io penso di svolgere un’attività assai più rilevante e complessa, senza che mai mi sia passato per la mente di assumere una segretaria.
Ci sono però altri tagli che, almeno in linea di principio, ritengo indice di una tendenza che chiude al domani. Tagliare sulle segretarie, sui doppioni, sulla pomposità, mi va bene. Ma tagliare sugli strumenti innovativi nel settore della proposta cristiana, mi rende più dubbioso.
Qualche settimana fa ho letto della rinuncia dei vescovi del Veneto a Telechiara, l’emittente televisiva d’impostazione cristiana. L’altro ieri l’annuncio dell’abbandono di “Radio in blu”, la “figliastra” di Radiocarpini, l’emittente radiofonica nata nella mia parrocchia e consegnata alla diocesi dopo 20 anni di onorato servizio, con circa duecento volontari ed una serie di ripetitori che coprivano il Veneto per giungere fino a Ravenna.
“Radio in blu” in verità aveva perso lungo la strada i suoi fondamentali connotati di emittente religiosa, motivo che attenua la mia amarezza. Questo ripiegamento su posizioni del passato, è qualcosa che mi preoccupa perché è il percorso proprio dei gamberi.
16.07.2014