Parole, pensieri ed atteggiamenti impropri

Ogni tanto mi capita di ascoltare pensatori, letterati o persone di prestigio della nostra società, che pur si dichiarano apertamente non credenti, ma che nel loro argomentare usano delle frasi di origine e di contenuto tipicamente religioso.

Qualche tempo fa ascoltavo Augias, giornalista quanto mai noto, che tante volte si è dichiarato ateo e che spesso lascia trapelare un anticlericalismo congenito, dice ad esempio: “a Dio piacendo”.

A questo riguardo Pannella, che spesso oltre ad essere areligioso e fortemente anticlericale, spesso è pure sboccato e volgare, si lascia scappare parole, immagini e pensieri decisamente di matrice religiosa. Tante volte mi è venuto da pensare che lui, laico per eccellenza, abbia avuto una educazione religiosa ed abbia pure un fondo culturale che proviene dal pensiero cristiano, tanto da avallare la sentenza di Benedetto Croce “Perché non possiamo non dirci cristiani”.

Quando mi capita di sentire discorsi del genere, spesso mi vien da pensare “che questi personaggi abbiano una nostalgia religiosa o che tendano a recuperare il loro passato e a muover passi verso la conversione?”.

Purtroppo è altrettanto vero che cristiani dichiarati, persone assolutamente praticanti e vicine alla Chiesa, hanno invece modi di pensare e di reagire agli eventi della vita che sono esattamente l’opposto del pensiero cristiano.

Nei miei interventi e nelle mie meditazioni, in occasione del commiato, sapeste quanta fatica faccio nel convincere i presenti che l’atmosfera del congedo per noi credenti deve essere festiva, serena e turgida di speranza, perché chi ci lascia va verso la vita nuova che di certo è tanto più bella e felice di quella che lasciamo.

Monsignor Vecchi, a cui piacevano sempre le immagini forti, in occasione dei funerali era capace di parlare “della festa della morte”. Dovrebbe essere così se crediamo che, redenti dal sangue di Cristo, ci muoviamo verso “miglior vita”.

Quando uso pensieri del genere, avverto resistenza e talvolta perfino rifiuto. Noi, figli del positivismo, del razionalismo e pronipoti del “secolo dei lumi”, continuiamo ad avere in fondo all’animo, pensieri, reazioni e sentimenti che purtroppo non hanno niente a che fare col pensiero cristiano sulla morte e l’aldilà. Forse dobbiamo imparare dai giovani cristiani del terzo e del quarto mondo ad assumere convinzione profonda e coerente al Credo che diciamo con troppa superficialità.

Mia sorella, che ha “sposato” il Kenya, mi raccontava che in Africa si fa gran festa per la morte di qualcuno del villaggio. Quando chiese ad un anziano perché mai tanta euforia, lui rispose stupito: «Ma questo nostro amico non è andato in Paradiso? Allora non possiamo che far festa».

21.06.2014

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