Il nuovo “vescovo” di Mestre

Il Gazzettino ha pubblicato, senza troppo rilievo, la nomina di don Gianni Bernardi a parroco della più importante parrocchia di Mestre: il duomo di San Lorenzo. Questa nomina mi ha interessato molto di più di altre che sono state annunciate e già poste in atto durante questi ultimi mesi. Il motivo di questo interesse nasce dal fatto di esser vissuto e di aver esercitato il mio ministero sacerdotale per quasi una ventina d’anni in quella comunità parrocchiale in tempi particolarmente significativi, prima con monsignor Aldo Da Villa e poi con monsignor Valentino Vecchi, ai tempi della contestazione del sessantotto che impose alla Chiesa una verifica di fondo.

Posso affermare con tranquillità che se a qualcuno venisse in mente di scrivere la storia della Chiesa a Mestre, dagli anni cinquanta del secolo scorso ad oggi, dovrebbe scrivere soprattutto la storia della parrocchia di San Lorenzo perché è di certo l’unica realtà che ha dato un volto significativo alla vita cristiana a Mestre e che ha dialogato con la città e con le sue componenti civili. Questo è avvenuto indipendentemente dagli incarichi ufficiali che sono sempre stati piuttosto formali che reali, a motivo della forte personalità di Da Villa, di Vecchi e, ultimamente di Bonini. Ho sempre avuto la sensazione che la curia veneziana abbia avuto quasi un complesso di inferiorità nel trovarsi di fronte, specie per il passato, ma anche ora, una Chiesa mestrina giovane, aperta, consistente e intraprendente, mentre ove risiede il governo del Patriarcato c’è una situazione di stallo con aspetto sì supponente, ma in realtà vecchio, povero e infossato in una tradizione stanca e povera di vitalità.

In passato, forse intuendo questa situazione, s’è aggiunto al titolo di parroco di San Lorenzo, che la gente ha promosso in maniera autonoma, Duomo, qualche incarico, quale “delegato per la terraferma”. Queste “deleghe” sono state sempre piuttosto formali, forse temendo che una Chiesa, qual è quella di Mestre, numerosa almeno tre volte tanto quella insulare e più giovane di almeno due generazioni, finisse per “prevalere” sulla sede vescovile. Per questo motivo monsignor Vecchi, in tempi ormai lontani, s’era perfino pensato e mosso qualche passo perché ci fosse a Mestre una sede patriarcale, mettendo gli occhi su Villa Tivan, però poi non se ne fece nulla e le deleghe date al titolare del duomo si dimostrarono inconsistenti perché solo di facciata.

Don Fausto, che mi pare avesse solo la delega al dialogo con le autorità civili, pare che non si sia mai avvalso della nomina, ma in realtà si è imposto per la sua forte personalità e per aver offerto alla città un modello di parrocchia assolutamente valido, innovatore ed efficiente.

Mi auguro che il nuovo parroco del duomo, con deleghe o senza deleghe, sappia che comunque dovrà essere per Mestre almeno un “vice vescovo”, o comunque un sacerdote ed un parroco di riferimento per l’intera città e soprattutto per le altre parrocchie.

17.06.2014

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