Per moltissimi anni nella mia vita da prete avevo chiamato “funerale” il saluto ad una creatura che ci ha lasciato; ora da anni non adopero più questo termine perché lo considero cupo, insignificante e nebbioso, mentre uso la parola “commiato”, perché essa sottintende il saluto ad uno che parte per una meta bella e radiosa.
In passato nelle mie omelie puntavo soprattutto a ribadire la verità della vita ultraterrena, la paternità e misericordia di Dio e marginalmente tentavo di aiutare i fedeli a recuperare i valori vissuti, gli aspetti positivi e la testimonianza che il “caro estinto” lasciava in eredità a chi in genere l’aveva conosciuto, ma soprattutto a chi partecipava al suo commiato. Sono aspetti che pure oggi non trascuro, ma soprattutto oggi mi sento portato ad aiutare i fedeli che partecipano al rito religioso a vivere questo evento anche come una lezione di vita, una catechesi sulla paternità di Dio, un invito alla riconoscenza per il magnifico dono della vita ed un’apertura di credito sulla vita futura.
Mi sono accorto che l’occasione del commiato è tanto opportuna per far prendere coscienza ai fedeli che Dio è stato veramente generoso nel donarci l’opportunità di vivere, che il suo dono è veramente splendido e che la vita sarebbe ancora più bella se la vivessimo secondo le indicazioni che Egli, da Padre, ci ha dato.
Spesso continuo a dire che la morte non è una disgrazia, ma che essa pure è dono perché se il Signore ha fatto un mondo così bello e ci ha messo accanto dei compagni di viaggio così cari per il breve lasso di tempo in cui facciamo questa esperienza, quanto più bella sarà la vita futura che Dio ci ha promesso, sapendo che essa dovrà garantirci un’eternità felice.
Ho l’impressione che battendo su questo tasto i presenti accettino più facilmente la prova e si mettano nell’ordine di idee che chi stiamo salutando parte, si, da noi, ma parte per un mondo migliore.
Un altro elemento su cui faccio leva è osservare che possiamo contare, nei momenti difficili, sull’aiuto della persona cara che, essendo ora accanto a Dio, può intercedere per noi. A tal proposito cito talvolta la scena di un film di cui fu protagonista l’attore Paul Newman, che venendo a casa dopo aver vissuto un match da cui dipendeva il suo futuro e quello della sua famiglia, alza gli occhi al cielo e afferma: “Lassù qualcuno mi ama!”.
Pian piano mi sto accorgendo che la pastorale del lutto mi offre delle opportunità per passare le più grandi e risolutive verità su argomenti come la vita, Dio, il domani…
Finora non ho ancora imparato ad utilizzare il discorso sull’inferno, però mi pare che pian piano potrà tornar buono anche questo elemento, senza però agitare spauracchi o scendere ad immagini che mettano in ombra la bontà del Signore.
03.06.2014