I miei prèsidi

Un tempo gli obiettivi della famiglia, della società e della Chiesa, nei riguardi dell’educazione dei ragazzi, erano pressoché gli stessi. Almeno a livello ufficiale si puntava a dare agli alunni una formazione che avesse come fondamento i valori proposti dal messaggio cristiano.

Penso però che, a partire dal sessantotto, il tempo della contestazione più radicale, alla società esistente allora, questa impostazione venne meno rovinosamente e, eccettuato qualche caso di docenti di una certa età e di una personalità ben consolidata, nel migliore dei casi gli insegnanti, quando erano bravi e preparati, si ridussero a passare nozioni, non sentendosi più autorizzati, o non essendo più convinti di avere il diritto di fare una proposta educativa impostata su valori della tradizione del nostro Paese. E credo che la scuola debba ancora rifarsi da quella batosta.

In altri Paesi perlomeno l’educazione si rifà alla carta di fondo che è la Costituzione. Da noi però, nonostante si dica che la nostra è una bella Costituzione, essa rimane una nobile sconosciuta.

La mia vicenda di insegnamento si svolse un po’ prima, un po’ durante e un po’ dopo la contestazione, ma fortunatamente ho incontrato dei presidi con idee chiare e che sapevano tenere con coraggio e saggezza il timone della loro scuola.

Ho cominciato intorno al ’56 ad insegnare al “Volta”, istituto tecnico. Era preside allora un signore che tutti dicevano “fascista”, ma che in realtà era soltanto una persona che credeva ai valori della vita e pretendeva che sia gli alunni che i docenti facessero il loro dovere. Per me fu un uomo serio che guidava con decisione e saggezza la sua scuola.

Un paio di anni dopo fui trasferito alle commerciali per insegnare alle classi superiori. Vi era un preside che gli alunni chiamavano “il gobbo” che si faceva valere con assoluta autorità e che tutti, sia alunni che insegnanti, temevano quanto mai. In realtà con me è stato tanto caro ed ho capito che amava seriamente gli alunni e li difendeva da certi giovani docenti che facevano i tirannelli.

L’esperienza successiva la feci al “Pacinotti”, l’istituto tecnico per periti. Era allora preside l’ing. Zuccante, vero educatore e formatore della gioventù. Ricordo ancora come mi accolse: «Reverendo, la mia scuola più che di un docente di religione ha bisogno di un assistente per crescere in maniera sana i miei ragazzi». Fu quella un’esperienza bellissima della quale ricordo i frutti anche dopo quarant’anni.

L’ultima e più lunga esperienza la feci alle magistrali ed è stata meno entusiasmante perché il preside era più un burocrate che un educatore; procedeva infatti a base di regolamenti.

L’incontro con questi uomini della scuola mi fu molto utile, perché mi fece capire che un educatore deve vivere e passare valori autentici, rifacendosi alla sua coscienza d’uomo piuttosto che ai manuali o ai regolamenti.

Forte di questa esperienza, ho sempre tentato di imitare i migliori tenendo ben forte il timone delle mie navi, non lasciandomi influenzare dalle mode del momento.

05.05.2014

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