Talvolta mi chiedo perché mi angustio e mi arrovello per immaginare quale tipo di pastorale sia valida ed efficace per il tempo e la società dei nostri giorni. Avendo 85 anni dovrei mettermi l’animo in pace e godermi il vespero della vita lasciando che i giovani preti studino e scoprano il modo di offrire e di far accettare il più facilmente possibile la proposta cristiana. Purtroppo non ci riesco a stare alla finestra e a non lasciarmi trascinare dentro la mischia e, perlomeno a livello di coscienza, avverto l’urgenza e l’assoluta necessità di provare a proporre di adeguare la nostra pastorale ai tempi nuovi.
Credo che sia ormai un dato certo che l’evoluzione della mentalità degli uomini del nostro tempo è assolutamente accelerata. Le mutazioni che un tempo avvenivano in un secolo ora avvengono in pochissimi anni. Quando mi occupavo di Radiocarpini i miei collaboratori più giovani mi sollecitavano continuamente perché comprassi strumenti tecnicamente più aggiornati e quando dicevo loro che i computer avevano solamente tre anni e quindi erano praticamente nuovi, loro mi facevano osservare che quegli strumenti erano arcaici, roba da museo! Adesso capisco che non avevano tutti i torti.
Una ventina di anni fa mi capitò di leggere un volume che riferiva i dati di una visita pastorale fatta dal Patriarca Luigi Flangini alle parrocchie di Venezia alla fine del `700. Fui stupito dai dati e dalle notizie. Ad esempio il Patriarca ammoniva i preti di fare l’omelia alla domenica, perché tantissimi non erano soliti farla. Appresi ancora che San Luca, che oggi è una delle parrocchie più piccole della città, aveva a quel tempo 12 preti, ma altre parrocchie ne avevano anche di più. Oppure i parroci riferivano che in parrocchia c’erano perfino 5 o 6 parrocchiani che non facevano la comunione a Pasqua.
In questi giorni mi è capitato di leggere sulla rivista “Impegno”, edita dalla Fondazione Mazzolari, la relazione della visita pastorale che il vescovo di Cremona fece nel 1941 a Bozzolo, paese in cui era parroco il famoso don Primo Mazzolari, relazione in cui è scritto che in quella comunità di 4208 anime c’erano solamente due abitanti non cattolici, che tutti i bambini erano battezzati, che i matrimoni concordatari erano 1052, mentre i matrimoni civili soltanto 4. Che non c’era stato neppure un funerale civile, che dei 62 morti soltanto 7 erano deceduti senza sacramenti perché morti improvvisamente, che a Pasqua si comunicavano 600 uomini e 1600 donne. Che oltre che nelle messe festive si predicava per la novena dell’Immacolata, la novena di Natale, quella di san Pietro, quella dei morti, mese di maggio…
Se si confrontano questi dati di settant’anni fa con la situazione attuale, ci si rende immediatamente conto di come sia cambiata la vita religiosa nelle nostre parrocchie. Credo ad esempio che oggi le confessioni per giovani e adulti si possano contare a decine anche in parrocchie di cinque-seimila abitanti, ed anche per i bambini ora si tengano quelle due tre volte all’anno quando sono organizzate.
In questi ultimi anni si è fatto un gran parlare di nuova evangelizzazione e qui nel Veneto s’è parlato ancor di più nel Sinodo di Aquileia, però non mi pare che si sia andati molto più in là del parlare.
Per quanto mi riguarda, pur non avendo soluzioni da suggerire, mi pare di dover comunque denunciare la mancanza di un grosso sforzo per trovare soluzioni aggiornate e concrete per passare il messaggio cristiano agli uomini del nostro tempo.
20.04.2014