Il povero “dio” di Scalfari

Io raramente ho letto “Repubblica” e perciò non conosco bene Scalfari che ne è stato il fondatore e che tutt’oggi, pur non essendo più il direttore, scrive per Repubblica editoriali di gran peso. Soltanto ultimamente, avendo letto con sommo piacere i dialoghi di Scalfari col cardinal Martini, prima, ed ora con Papa Francesco. ho apprezzato la sua vasta cultura e il suo stile fresco, scorrevole, immediato e piacevolissimo. Quando Scalfari descrive la cornice e l’atmosfera dei suoi incontri con questi due uomini di Dio, è veramente insuperabile. Mi pare di ritrovare l’essenzialità, la piacevolezza e l’incanto di Indro Montanelli del Corriere della sera e di Ricciardetto di Epoca.

Pure ho ammirato la sua sensibilità, la delicatezza e l’affettuosità nel dialogare sia con Martini che con Papa Francesco. Mi è sembrato quasi che avvertisse qualcosa di sublime in queste due personalità e si sentisse onorato e, nello stesso tempo, soggiogato dall’autorevolezza, dalla santità e dalla saggezza di questi due sacerdoti: mai una parola di troppo, mai un cenno di polemica, ma sempre grande rispetto ed attenzione al loro argomentare.

Io da questa lettura ho concluso che, se anche non lo confessa, Scalfari senta una profonda nostalgia della fede e ne sia un ricercatore appassionato, anche se ribadisce le sue dichiarazioni di ateismo dal quale non osa ancora sbarazzarsi per aprirsi alla luce e alla verità.

Dove però Scalfari cade in maniera rovinosa è quando egli parla del suo “dio”. Allora casca il palco e avverti di scoprire un pensiero fragile, macchinoso, di stampo scientista, tutta roba da vecchio illuminismo da soffitta.

Papa Francesco si rivolge a Scalfari con un accento di paternità, ma anche di profondo rispetto; gli chiede: «Come pensa sia quell'”essere” che lei afferma sia il supporto di fondo della sua filosofia? Mi può chiarire il suo pensiero ?». Al che mi pare che Scalfari si arrampichi affannosamente sugli specchi rispondendo: «L’essere è un tessuto di energia, energia caotica, ma indistruttibile ed in eterna caoticità. Da quella energia emergono le forme quando l’energia arriva al punto di esplodere. Le forme hanno le loro leggi, i loro campi magnetici, i loro elementi chimici che si combinano casualmente, evolvono ed infine si spengono».

Il povero “dio” di Scalfari che è “caotico” ed in “eterna caoticità” sarebbe la sorgente dell’universo, che è più ordinato di un orologio svizzero con leggi fisse e coordinate le une alle altre, che sempre e per secoli esprimono l’ordine quasi perfetto dell’universo, sia in ogni creatura che nell’uomo.

Credo che anche lo studentello delle prime classi del liceo, che abbia studiato un po’ di “logica”, o di “teodicea” di san Tommaso, metterebbe in difficoltà il pur illustre e prestigioso giornalista.

Il tallone d’Achille di Scalfari è veramente rovinoso e da questo si capisce che finora esso non gli ha permesso di scoprire l’ordine dell’universo.

15.01.2014

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