Ho sempre ammirato ed amato san Francesco. Mi è caro il poverello di Assisi forse perché lo conosco più degli altri santi, quali san Paolo, san Benedetto, sant’Agostino, san Domenico, san Francesco Saverio, che pur mi sono tanto cari e ritengo i miei grandi maestri e i miei punti più sicuri di riferimento.
Del santo di Assisi ho letto una splendida biografia del Magni, un’opera di solido impianto storico, ma ricca di poesia e di quell’incanto dolcissimo e insuperabile proprio del paesaggio dell’Umbria verde. Ho letto un altro bel volume di Maria Sticco, un libro dalla narrazione più asciutta e puntuale, che fa emergere il fraticello semplice e luminoso ma capace di incantare le anime di ogni tempo e di proporre una rivoluzione di tipo esistenziale tra le più radicali e in linea con il messaggio di Gesù. Ma soprattutto ho letto i fioretti di san Francesco e mi sono deliziato della lettura del Cantico delle Creature: pura poesia, preghiera pura e contemplazione sublime del creato.
Di san Francesco ho pure visto alcuni film, uno più bello dell’altro, ma soprattutto porto nel cuore la soavità di “Fratello sole e sorella luna” che, da quando è uscito una trentina di anni fa, mi ha offerto una splendida cornice ed un’atmosfera armoniosa e gentile da cui emerge la figura sublime del santo, ricco di povertà e di amore per Dio e le sue creature.
Quest’anno ho celebrato la messa di san Francesco a Ca’ Solaro, il piccolo e umile borgo ai confini della nostra città, un borgo fatto di gente semplice e buona. Alle 18 si è aperta la chiesetta linda ed accogliente, l’altare con le tovaglie bianche che odoravano di bucato e i fiori freschi di questo nostro dolce autunno appena colti nell’orto di casa. La gente – vecchi, donne, qualche ragazza – sono entrati a piccoli gruppetti in chiesa per pregare il Signore.
Mentre guardavo questa cara gente prendere posto nei banchi, mi pareva di vedere il povero popolo di “Fratello sole e sorella luna” che saliva dalla larga vallata verde a portare doni per la preghiera nella chiesa di San Damiano appena ricostruita da Francesco e dai suoi compagni.
Al Vangelo parlai al piccolo gruppo di fedeli – una trentina in tutto -ispirandomi al “cantico”, dicendo loro, che ogni fiore per quanto umile, ognuno dei loro animali domestici, i campi col grano maturo, i grandi platani che segnano i bordi della loro strada, il cielo aperto e la terra da cui traggono sostentamento, rappresentano per ciascuno di loro una parola ed una carezza di Dio.
Il Signore forse privilegia e “parla” con più frequenza ed in maniera più convincente a questa umile e cara gente che vive in un piccolo borgo solitario ai margini della città.
06.10.2013