Potrà sembrare un’affermazione assurda, ma invece è vero che il problema dei vecchi è ancora tanto “giovane”, ossia un problema ancora poco esplorato, in rapidissima evoluzione ed ancora poco risolto.
Fino ad una sessantina di anni fa gli anziani continuavano a vivere nella vecchia casa assieme all’ultimo figlio che quasi sempre li doveva accompagnare fino alla fine. Poi sono nate le case di riposo, perché l’evoluzione della società non rendeva più possibile la permanenza in casa.
Quando io ero giovane prete a San Lorenzo, in casa di riposo di via Spalti più di una metà dei “ricoverati” era del tutto autosufficiente, tanto che con i miei ragazzi, soprattutto con la San Vincenzo, tentavamo di ravvivare la loro vita e spesso li portavamo in gita. Poi le case di riposo si ridussero ad accogliere solamente anziani assolutamente non autosufficienti, mentre chi era ancora autonomo rimaneva relegato in solitudine nei grandi condomini, dovendo affrontare difficoltà di ordine finanziario e soprattutto di ordine esistenziale.
Vent’anni fa la soluzione del “don Vecchi” ha fatto fare un passo avanti alla soluzione del problema della domiciliarità per una massa di membri della terza età sempre più numerosa. Lo ha fatto con i suoi alloggi protetti, offrendo autonomia e, nello stesso tempo, inserimento in strutture articolate dove, tutto sommato, l’anziano si sente come in un piccolo borgo. Qui è più facile il rapporto umano con gli altri e, nello stesso tempo, l’anziano può fruire di servizi si a portata di mano, ma soprattutto alla portata delle sue possibilità economiche.
Ora però è diventata urgente una soluzione ulteriormente avanzata per tutti gli anziani ancora vivi a livello intellettuale, ma con una salute assai precaria. Ci si augura che il tentativo del “don vecchi 5” per anziani in perdita di autonomia possa dare una risposta adeguata a questo problema. Nella filiera s’avverte però già l’esigenza di aggiungere l’ultimo stadio, sempre nello spirito che l’anziano rimanga il più possibile e il più a lungo autonomo, ossia nella possibilità di decidere il suo stile di vita.
Il mondo imprenditoriale si è buttato a capofitto in questo “mercato”. Qualche giorno fa, infatti, ho avuto modo di leggere l’elenco delle centinaia e centinaia di strutture che appartengono agli “Anni azzurri”, i cui imprenditori hanno però sempre come scopo principale il profitto. Le strutture per anziani stanno diventando sempre più aggiornate e sempre più confortevoli, ma anche sempre più costose. Per gli anziani ricchi non c’è problema alcuno, ma degli anziani poveri, che sono la stragrande maggioranza, solamente i Comuni e la Chiesa possono e devono farsi carico. Noi della Fondazione a Mestre siamo decisi a fare la nostra parte, ma il Comune?