Tante volte mi capita di invidiare chi parla o scrive bene. Più volte ho fatto l’esame di coscienza chiedendomi se questa invidia sia solamente invidia per orgoglio o vanagloria o sia, piuttosto, come io spero, “santa invidia” per non essere capace di offrire il messaggio cristiano in maniera bella e convincente.
Per quanto riguarda lo scrivere, mi giunge una serie di giornali e riviste, spesso ben fatte e con una prosa limpida, scorrevole e convincente. Proprio venerdì scorso ho pensato a tutto questo tenendo tra le mani “Gente Veneta”, di cui è direttore mio nipote, don Sandro Vigani. Il giornale è pieno di notizie su molti argomenti affrontati in maniera brillante, l’impostazione grafica è piacevole, moderna, tanto che se confronto il giornale della diocesi con il mio “Incontro”, il primo è pari a quello di un gigante in confronto a quello di un piccolo nano. Mentre “Gente Veneta” è un vero giornale vario, serio, intelligente, con belle e convincenti argomentazioni, “L’Incontro” è talmente povero da arrossire di metterlo accanto, pur costandomi tanta fatica e tanto denaro.
Talvolta mi è capitato di pensare a Giuliano Ferrara e al suo “Foglio”, in cui lui fa da mattatore, però nel “Foglio” c’è cultura, intelligenza, argomentazioni brillanti, mentre ne “L’incontro” tutto è povero e disadorno.
Ogni giorno di più mi chiedo se valga la pena impegnare tanta fatica e tanto denaro per risultati così modesti. Ho sempre avuto coscienza dei miei limiti, però essendo convinto che il messaggio non lo possiamo lasciar morire di inedia nelle nostre canoniche o nelle nostre sagrestie, ho osato, e forse mi sono messo in un’impresa più grande di me.
Un tempo c’era l’entusiasmo e qualche guizzo felice, mentre ora mi appare tutto tanto piatto e scontato. Talvolta mi voglio illudere che sia una crisi passeggera, però essa dura ormai da troppo tempo e d’altronde non vedo attorno qualcuno che possa sostituirmi. Spero quindi che si affacci all’orizzonte qualche bella intelligenza che con una penna felice faccia rifiorire questo sogno pastorale. Io sarei ben contento di tenere, come Mosè, le mani alzate in preghiera per chi volesse continuare questa “santa battaglia”.