Le confidenze di qualche collega mi hanno turbato in quest’ultimo tempo. Sono venuto a conoscenza che qualche operazione sbagliata e qualche conduzione poco attenta ha messo in difficoltà qualche ente che ruota attorno al mio piccolo mondo.
D’istinto, più volte in questi giorni, mi sono chiesto: “Come mai il don Vecchi gode buona salute, coltiva progetti di sviluppo, come mai la sua contabilità non ha mai conosciuto il rosso? Sono ben lontano dal pensare di potermi ergere a maestro, se non altro perché mai nessuno del mio mondo mi ha chiesto i “segreti” di questa nostra realtà che, nonostante i tempi difficili e la crisi incombente, sogna, progetta e si proietta nel futuro.
Di certo io non ho mai pensato di avere capacità manageriali, ancorché qualcuno, forse per affetto o forse per spirito critico, talora mi abbia definito “l’imprenditore di Dio”.
Monsignor Vecchi, quando io, giovane prete, sognavo ad occhi aperti e proponevo progetti avanzati, mi ripeteva: «Ora, don Armando, non hai responsabilità economiche, ma quando non sarà più così, t’accorgerai quante difficoltà si incontrano!». Questo monito mi ha sempre aiutato ad essere cauto, a non essere spericolato, ma soprattutto a farmi aiutare.
Ieri pomeriggio sono andato al “don Vecchi” di Marghera per l’inaugurazione di una delle tante “personali” che si susseguono ogni quindici giorni. Una volta ancora sono rimasto incantato dal buon gusto, dalla signorilità, dalla cura del prato, come delle sale interne. I numerosi ospiti che sono intervenuti per l’inaugurazione della mostra non facevano che ripetere che quello era un hotel, non una casa di riposo! E mi guardavano come io fossi l’artefice di tanta bellezza, mentre io arrossivo di fronte a queste lodi, perché il merito di tanta armonia era ed è tutto di Teresa e Luciano, la coppia di sposi che investono il meglio del loro cuore e della loro intelligenza per questa struttura che amano e curano come fosse il loro castello, il più bel “gioiello di famiglia”.
Anch’io sono rimasto a bocca aperta di fronte all’incanto di una residenza che si potrebbe immaginare destinata a ricchi mercanti o appartenenti al patriziato veneziano.
I Centri don Vecchi sono vivi, efficienti, belli ed in attivo, perché non c’è settore che non possa contare su un numero sconfinato di persone belle e care che offrono il meglio di sé agli anziani senza censo e, spesso, senza famiglia.