C’è un detto popolare che definisce fin troppo bene certi atteggiamenti dei creduloni in genere ed in particolare dei fedeli che ascoltano i sermoni domenicali. Esso afferma: “Certi `cristiani’ non si scomporrebbero per nulla anche se il prete dicesse loro che il diavolo è morto di freddo”, e si rifà al fatto che la dimora specifica del diavolo è l’inferno, luogo che una certa tradizione religiosa pensa come una fornace ardente.
Quest’anno, in occasione della Pasqua, mi è tornato in mente questo detto e mi ha tormentato come un moscone fastidioso il discorso sulla realtà del Risorto. La Pasqua infatti è un mistero cristiano che ruota tutto attorno al mistero della Resurrezione. Alle donne che di buon mattino, quando era ancora buio, andarono sospinte dalla nostalgia e soprattutto dall’amore, verso la tomba di Gesù, portando aromi per profumarlo e fiori per esprimergli amore, l’angelo disse: «Colui che voi cercate è risorto, non è più qui, dite ai discepoli che lo potranno incontrare in Galilea».
Ci sarebbe un discorso pure da fare anche su questo “angelo”, ma oggi mi voglio invece soffermare sull’immagine e la realtà di Gesù dopo i tre giorni passati nella tomba, per chiedermi quale sarà stato il volto, la persona del Risorto. In passato io ho sempre pensato a Gesù Risorto – ma credo che lo pensino anche tantissimi cristiani – come alla visione di una persona bella, luminosa, quasi come un sogno meraviglioso. Il vangelo dice che Gesù è apparso alle donne, ai discepoli di Emmaus, agli apostoli nel cenacolo, in riva al mare mentre Pietro e i colleghi stavano pescando, e perfino ad un gruppo di cinquecento persone, sempre con un aspetto umano. Faccio fatica a pensare a questo “fantasma benefico” apparso solamente duemila anni fa e, tutto sommato, a relativamente poche persone, mentre noi, che abbiamo gli stessi dubbi e le stesse esigenze dei nostri predecessori, rimaniamo “a bocca asciutta”.
Sono arrivato quindi pian piano alla conclusione che il Cristo Risorto, ossia Gesù dopo la morte, lo si può incontrare nelle persone che vivono seriamente il messaggio di Gesù, che pronunciano le sue parole, coltivano gli stessi sentimenti, si comportano come lui è vissuto e realizzano, in una parola, quello che ha affermato san Paolo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me!”. Chi realizza tutto ciò dà volto al Risorto.
Questo modo di poter riconoscere ed incontrare il Risorto, dà modo anche a me e a qualsiasi persona di ogni tempo di poter incontrare ogni giorno e in ogni dove il nostro “dolce Cristo in terra”. Di questo dono ricevuto per la Pasqua 2013 sono molto grato al Signore.