Qualche tempo fa un mio vecchio collaboratore, colpito da una lunga malattia, mi ha rimproverato pubblicamente di non essere andato a trovarlo. Aveva ragione! Come hanno ragione altre persone alle quali voglio veramente bene, ma che so di trascurare.
Al vecchio amico del rimprovero ho scritto per chiedergli scusa, aggiungendo poi alcuni motivi che ho ritenuto attenuanti, ma che dubito lui abbia accettati come validi.
Onestamente comprendo ed approvo il desiderio di chi è in difficoltà, di voler accanto un prete conosciuto. Nel mio animo partecipo ai drammi di una infinità di persone che il mio ministero mi ha fatto incontrare, spesso prego ora per l’uno, ora per l’altro quando i loro volti, per i motivi più diversi, emergono dalle nebbie della memoria, però spesso sono latitante e, per questi vecchi amici, deludente.
Questo problema me lo sono posto migliaia di volte, facendo propositi su propositi, però finisco sempre per lasciarmi assorbire dai miei impegni, che poi sono sempre di carattere pastorale, ma che riguardano la collettività piuttosto che l’individuo.
Io confesso che non riservo mai tempo per me, che non me ne resto mai ozioso o disimpegnato, che spendo ogni risorsa per il bene morale o fisico del mio prossimo, che le mie giornate sono piene zeppe per mantenere gli impegni che ho ritenuto doveroso prendermi, però non riesco proprio a trovare il tempo per amicizie particolari o per prestare attenzioni continuative e prolungate ai singoli.
Recentemente è morto monsignor Zardon, che pressappoco aveva la mia età ed era ancora parroco di una piccolissima parrocchia di Venezia. La stampa, ma pure alcune persone, m’han detto che rimaneva nella sua chiesa da mattina a sera, seduto in un banco della sua chiesa, dedicando il tempo a parlare con persone che andavano a cercarlo.
Ho appena letto un brano di san Paolo che afferma che ognuno ha i suoi doni e i suoi carismi specifici, ma ne possiede uno, non tutti; mi auguro che questa sia per me una attenuante e perciò credo che dovrò continuare a dedicarmi alla collettività piuttosto che ai singoli, lasciando ad altri questo compito gratificante per quei, relativamente pochi, che ne possono beneficiare.