Ancora sull’autoreferenzialità

In relazione ad un mio talloncino pubblicato su “L’incontro” circa l’iniziativa della Caritas e della San Vincenzo di organizzare quest’anno il pranzo natalizio nella chiesa di San Girolamo, alla stregua di quello che va facendo da molti anni la Comunità di Sant’Egidio, ho ricevuto una lettera che pubblico di seguito, perché chi segue il nostro periodico comprenda meglio. Nel talloncino pubblicato dicevo semplicemente che mi faceva felice l’iniziativa del pranzo a San Girolamo, ma che mi faceva ancora più felice sapere che il Banco Alimentare del “don Vecchi” offre i generi alimentari ogni settimana a duemilacinquecento concittadini in difficoltà. Nient’altro!

Eccovi ora la lettera.

Stimata Redazione dell’Incontro,
ogni settimana vi leggo condividendo più o meno quanto scritto.
Lo stile provocatorio così esplicito mi è stato di aiuto per fare un po’ il punto sul mio percorso di fede, sul mio essere parte di una comunità e sulla mia figura di presidente di una Onlus, ma altre volte lo stile autocelebrativo è a dir poco fastidioso.
Anche sul n. 1 di domenica 6 gennaio 2013 a pagina 6 il commento della Redazione sulla grande tavola natalizia è sembrato ancora una volta voler ribadire a tutti quanto di più la Fondazione fa rispetto ad altre realtà. Madre Teresa era solita affermare che “non è importante quanto di dà ma come si dà.” Certo che poter dire di sfamare 2500 poveri alla settimana è una gran bella cosa che gratifica il lavoro di molte persone, ma anche chi ha ascoltato le pene di un ammalato in ospedale, la sofferenza di una mamma di fronte ad una gravidanza inattesa, l’angoscia dei familiari per un caro ammalato, sta svolgendo un servizio per il prossimo. Certo i numeri sono inferiori e hanno meno impatto emotivo ma sono ugualmente importanti agli occhi del Signore perchè “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 24,40) perciò, ogni tanto, carità e servizio attivo e silenzioso.

Furegon Brunella

Ed ora eccovi la risposta:

Sono d’accordo con Teresa di Calcutta e non mi è mai passato per la mente di non apprezzare quello che altri fanno in altri settori; infatti collaboro con più di un ente benefico. Mentre, essendo anch’io parte della Chiesa veneziana, voglio ribadire che non condivido “la carità spettacolo ed una tantum”, pur sapendo bene cosa fa la San Vincenzo per essere stato anch’io uno dei cofondatori della Mensa di Ca’ Letizia e poi uno dei corresponsabili per molti anni.

Secondo: sono poi del parere che si debba puntare, per quanto è possibile, ad offrire aiuti adeguati e non simbolici – vedi la vecchia abitudine del pacco a Natale e, forse, a Pasqua.

Terzo: mi sono speso ed intendo spendermi ancora per un coordinamento tra le varie attività di solidarietà all’interno della Chiesa di Venezia per una maggior consistenza di aiuti e per una copertura di tanti “spazi” purtroppo ancora non presidiati – vedi il discorso rimasto un binario morto, della “cittadella della solidarietà”.

Infine ringrazio la signora Furegon perché il dialogo e il confronto per me sono sempre utili, purché si rimanga con i piedi per terra.

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