C’è anche chi mi rifiuta e parla male di me, ma per mia fortuna c’è anche chi mi stima e mi usa attenzioni che forse non merito ma che mi fanno piacere.
Quando s’è trattato di formare il consiglio della Fondazione Carpinetum che gestisce i Centri don Vecchi e per la quale il patriarca Scola m’aveva designato presidente, i soci fondatori della stessa – parrocchia di Carpenedo e diocesi – mi hanno cortesemente offerto di potermi scegliere i relativi consiglieri, che poi essi hanno nominato. Quando poi ho ritenuto opportuno di non accettare per un altro mandato la presidenza della Fondazione, il patriarcato mi ha chiesto di suggerire un nuovo presidente. E quando si è installato il nuovo consiglio, esso mi ha pregato di accettare la nomina a “direttore generale”. Non si pensi però che si tratti della direzione della Banca d’Italia! Comunque è stato un gesto di cortesia che ho quanto mai apprezzato e per il quale sono stato riconoscente ai membri di questa Fondazione.
Però in un recente consiglio di amministrazione ho fatto presente il mio desiderio di collaborare da semplice volontario e non più con alcun incarico ufficiale. Ho sempre approvato l’idea che ai giovani appartiene il futuro perché esso sorge ove loro puntano gli occhi. Sono pure convinto che la gerontocrazia, seppur fatta da gente preparata ed intelligente, finisce per rallentare la giusta evoluzione e quindi diventa fatalmente un ostacolo piuttosto che un vantaggio. Così in politica – io sono per Renzi – come nella Chiesa e così pure nelle strutture di minore entità, tifo per chi guarda al futuro piuttosto che al passato.
Non scelgo né la poltrona né la pantofola, ma penso di usare meglio i miei tempi residui come volontario piuttosto che da dirigente.
Fortunatamente, anche in questi tempi, ci sono state delle bellissime figure di vescovi che, una volta smessi la mitria e il pastorale, hanno scelto di fare i cappellani senza far mancare alla Chiesa il loro apporto. Io, pur conoscendo fino in fondo i miei limiti, sento di dovermi orientare con decisione verso una soluzione simile, servendo il prossimo come l’ultimo “manovale”, lasciando ai più giovani e più dotati, il timone della barca.