Nel breviario, che la Chiesa mi chiede di recitare ogni giorno, vi sono delle parti, sia delle “letture” che dei salmi, che trangugio come l’olio di ricino che mia madre mi imponeva ogni volta che avevo fatto indigestione. Tutto il breviario dovrebbe essere preghiera, però io penso che possa avere questa valenza solamente se il Signore accetta la fatica che faccio nel leggere cose tanto lontane dalla mia sensibilità e dalla mia coscienza.
Spesso certe omelie dei Padri della Chiesa e pure certi salmi che mi vengono proposti li sopporto solamente se li accetto come un “fioretto” da offrire al Signore. Credo che avrò qualche merito solamente perché mi costa pronunciare certe frasi e leggere certi discorsi che mi sono totalmente estranei. Mentre talvolta mi imbatto in certe preghiere che sono veramente deliziose e che mi coinvolgono fino al midollo del mio spirito.
Qualche sera fa, a compieta, la preghiera diceva pressappoco così: “Signore ti prego che i semi di bene che in questi giorni ho seminato nel cuore delle persone che ho incontrato abbiano a fiorire e portar frutti abbondanti”. Da un lato mi incantava che certi gesti, certe parole e certe scelte che forse, neanche con troppa attenzione, ho offerto al mio prossimo, con l’aiuto di Dio, possono portar frutto. Dall’altro lato mi nasceva nel cuore la preoccupazione di aver seminato nel campo del Signore come “l’uomo nemico”, della gramigna.
Questi pensieri sviluppano nel mio animo una sana dialettica, che mi spinge ad una preghiera vera ed accorata e mi fanno desiderare ardentemente di crescere nello spirito.