Nuovi e diversi tipi di povertà

Ormai da quasi un ventennio ho compreso appieno il discorso portato avanti da eminenti sociologi circa la vecchia e la nuova povertà; le povertà elementari e condivise, quali la carenza di mezzi di sussistenza, a quelle nuove e più complesse, quali la solitudine, la mancanza di valori, ecc.

Il discorso era rimasto, per me, solamente a livello teorico, ben altra cosa è però trovarsi di fronte e fare esperienze di questa seconda situazione.

lo, nel passato, avevo fatto la scelta di occuparmi delle povertà primordiali, quelle storiche, ormai fatte proprie dalla cultura corrente, perché le seconde non mi sembravano così gravi, così urgenti, ma tutto sommato un po’ artificiali e sofisticate.

Da queste scelte è nata l’attenzione e la ricerca, a livello abitativo, di dare risposta agli anziani poveri economicamente e ciò mi ha portato al don Vecchi, che tutto sommato, mi pare oggi una soluzione adeguata e rispondente ai tempi. Ora però tocco sempre più con mano che ci sono in città anziani, che possiamo chiamare benestanti, che vivono, pur dentro a questa città così convulsa ed affollata, il dramma amaro della solitudine, della precarietà esistenziale e della paura del domani. Per costoro, abituati però ed un certo livello di vita economico e culturale “la soluzione don Vecchi” non è appetibile, né idonea.

Bisognerebbe quindi pensare ad una formula di un livello superiore come struttura e come servizi e forse così queste persone potrebbero avere una risposta che li appaga e nel contempo essi potrebbero destinare i loro beni perché in città si moltiplichino queste strutture di valenza sociale.

Per me è tardi pensare alla soluzione di problemi del genere, ma parlarne e rifletterci matura una cultura dalla quale poi nascono soluzioni coerenti.

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