Qualche settimana fa ho letto la pagina del Vangelo della quindicesima domenica per la mia amata comunità che sarebbe venuta a prendere luce e coraggio dall’incontro settimanale con nostro Signore.
Il Vangelo riportava il messaggio di Gesù ai suoi discepoli a cui aveva dato il compito di continuare l’annuncio di salvezza che Egli aveva iniziato durante i tre brevi anni di ministero pastorale della sua vita pubblica.
Il brano precisava con dovizia di particolari lo stile e le modalità che essi dovevano adottare: «Andate, non portatevi né pane, né denaro, né niente altro. Combattete il male, invitate la gente alla conversione». Così disse Gesù e aggiunse: «Se non vi ascoltano, scuotete la polvere dalle vostre calzature e proseguite«.
Mentre me ne stavo di fronte al foglio bianco per gli appunti, mi sono subito detto: “Questo discorso riguarda me, non i miei fedeli!” Poi compresi che era doveroso che io dicessi anche a loro quali siano i preti da ascoltare: quelli che vivono poveramente, che fanno discorsi semplici e da Vangelo, ossia che invitano alla conversione, combattono la cattiveria e stanno accanto a chi soffre.
Mi ricordai subito di san Paolo che ha detto: «Io non ho niente altro da annunciarvi se non Gesù che è vissuto e morto per la nostra salvezza». Ho l’impressione che noi preti dobbiamo recuperare la povertà di vita e di linguaggio. Ciò che è diverso (una vita brillante con vestiti firmati, automobili costose, vacanze frequenti o discorsi elucubrati ed arzigogolati) non ha nulla a che fare con Gesù e il suo messaggio.
A riprova di questo devo confessare che mi mettono in crisi positiva e mi fanno del bene solo coloro che vivono con questo stile evangelico, mentre i discorsi teologici complessi, fatti da personaggi cattedratici, non solo non mi toccano, anzi spesso destano nel mio animo una reazione contraria.
Ho sempre presente due “predicatori” e le relative “prediche” che non dimenticherò mai.
La prima: una sera stavo per mettermi a cena, quando due giovani fiorentini del “Cammino neocatecumenale” con i loro zainetti sulle spalle, chiesero di parlarmi e poi mi dissero: «Padre, siamo qui a ripeterle che Dio è misericordioso e che ha mandato suo figlio Gesù a salvarci!».
La seconda: due piccole sorelle di Gesù che condividevano, vivendo in una roulotte, la vita degli zingari, mi chiesero di aiutarle a trovare un lavoro per mantenersi, ma un lavoro umile come lavar le scale, perché avevano scelto di vivere come i più poveri.
Di tutte le “prediche” che ho ascoltato nella mia lunga vita, queste due sono quelle che ricordo di più e che mi hanno fatto più bene. Ho capito bene che Gesù una volta ancora ha ragione.