Alcuni preti non vanno in vacanza

La mia rassegna stampa è molto veloce e sempre mattutina. Ogni giorno, d’estate e d’inverno, mi alzo alle 5,30, riordino la mia persona e la mia stanza, poi mi dedico alle pratiche di pietà: breviario, meditazione e lettura spirituale.

Ora sto leggendo la vita dell’Abbé Pierre, un vero “mostro” di impegno solidale in tutti i settori della vita. Io ritenevo che quest’uomo fosse diventato famoso per aver “inventato” la raccolta degli stracci per rendere autonomi i barbomi e per redimerli ad una vita sociale degna di questo nome. Apprendo invece che ha lottato per tutte le cause che interessano gli “ultimi” della società.

Alle 7 suor Teresa mi offre lo yogurt e una tazza di caffelatte. Alle 7,30 parto per aprire la “cattedrale dei cipressi”. La mezz’ora tra le sette e le sette e mezza mi serve per la colazione e per la lettura del quotidiano. Scorro velocemente i titoli e leggo si e no un paio di articoli.

Questa mattina il Gazzettino riportava una inchiesta che mi rabbuiò alquanto: pare che nel Nordest stia calando il consenso verso il Sommo Pontefice, la Chiesa fa fatica a dialogare con la gioventù, l’opinione pubblica avrebbe meno fiducia nell’istituzione religiosa, perché la vorrebbe più reattiva e più carismatica.

Non serviva che me lo dicesse l’inchiesta del Gazzettino, perché, pur vivendo ai margini della nostra società, ho modo di accorgermi di questa pesantezza, di questo fiato grosso, di questa carenza di iniziativa. Io colgo soprattutto i fenomeni più visibili e che certamente non sono determinanti.

Proprio ieri un mio collaboratore mi suggeriva di diminuire le copie de “L’incontro” perché nel periodo delle ferie tutte le chiese aprono tardi sia al mattino che al pomeriggio ed alcune poi aprono solamente alcune ore del mattino e della sera. Certamente questi segnali non sono incoraggianti, anche se sono a conoscenza che vi sono preti e parrocchie che stanno dandosi da fare per il grest, per i campi estivi, ossia sono impegnati nella “pastorale estiva”.

Purtroppo i sindacati, anche se non si sono infiltrati nel clero, hanno fatto i loro danni col promuovere i “diritti dei lavoratori ecclesiali”: orari, ferie e quant’altro. Mi pare che i protestanti ci siano arrivati prima nel fare del sacerdote un impiegato della parrocchia piuttosto che un profeta, però ho la sensazione che anche noi subiamo questa tentazione.

Tuttavia, sempre in un bollettino parrocchiale, ho letto questo trafiletto che è stato un vero antidoto e un motivo di speranza sul domani della Chiesa. Un fedele domanda al suo parroco come sta passando le sue vacanze. Risposta:

Bella domanda, anzi, domanda impropria.

Sono appena tornato dal campeggio e subito qualcuno mi ha chiesto se mi sono riposato, disteso, divertito ecc. Vorrei che a questa domanda rispondessero i cuochi che sono lì a far da mangiare per una sessantina di famelici ragazzi, e vorrei che fossero loro non solo perché abbiamo condiviso la fatica dalle 6 del mattino alla 22 della sera, ma anche perché mentre i ragazzi ed i giovani hanno gli occhi foderati di prosciutto e non s’accorgono se non dei propri bisogni, loro che sono adulti vedono e capiscono.

No, caro Massimo, niente vacanze per un prete. Semmai il lavoro cambia ma rimane sempre tanto tantissimo.

Dunque a parte la settimana in campeggio, i dodici giorni al campo scout e un’altra settimana per il campo mobile, il tempo che passo in parrocchia lo dedico agli impegni “urgenti” (soprattutto funerali, ma anche qualche matrimonio); al “custodire” Chiesa, canonica, centro; a visitare ammalati L’unica “vacanza” è che alla sera non ci sono tutte quelle riunioni che ci sono durante l’anno, e questo per me è già un sogno. Al mattino non mi pesa alzarmi presto (al campeggio ho sempre sentito i rintocchi delle campane che lungo la valle segnavano le 5 del mattino), ma alla sera non riesco a tenere gli occhi aperti e appena posso mi ritiro in tenda e prendo sonno nel giro di un minuto. E così faccio anche a casa. Sai una cosa?

Siccome in tutti questi anni non ho mai fatto ferie e da tantissimo non mi prendo una giornata di libertà, se dovessi mettere insieme tutte le ferie saltate e tutte le giornate di riposo rinunciate, potrei starmene senza far niente per … cinque o sei anni.

Un bel po’ di pausa, no?

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Penso che se tutti i preti si comportassero così, le inchieste ci riferirebbero risultati ben differenti.

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