Qualche persona mi ha chiesto come mai ce l’ho tanto con i preti, miei colleghi. Non credo proprio che le cose stiano così. Ho un’ammirazione sconfinata, che rasenta l”adorazione” verso certi preti, miei colleghi, impegnati, coerenti, che non si risparmiano, che sono in costante ricerca di soluzioni pastorali sempre più adeguate ai tempi nuovi, che amano la loro gente e soccorrono i loro poveri, che tengono bene le loro chiese, che si preparano le omelie, che curano i loro bambini e i loro giovani e si fanno in quattro per il bene della loro comunità.
Sentirei un forte desiderio di scrivere i loro nomi, ad uno ad uno, con accanto le motivazioni che mi spingono a questa stima.
Il clero della nostra città, tutto sommato, è un bel clero, ogni prete ha doti particolari, risorse specifiche, talvolta anche con risultati diversi perché ogni comunità può aver avuto, precedentemente, pastori più o meno validi, perché l’estrazione sociale è diversa, per la collocazione della chiesa, per la tradizione di ogni singola comunità. Comunque, quando scorgo un prete coerente e che lavora, mi tolgo tanto di cappello e provo rispetto, reverenza e stima nei suoi riguardi e mi dispiace che poco si apprezzino i risultati positivi.
Però quando vedo chiese chiuse la gran parte del giorno, canoniche con porte sbarrate, patronati deserti, chiese in disordine; quando apprendo che il parroco riceve si e no un paio d’ore alla settimana, quando nessuno risponde al telefono, quando le messe sono ridotte al minimo e le visite alle famiglie quasi nulle, quando il lavoro da prete si rifà a criteri sindacali, quando ogni motivo è valido per uscire dalla parrocchia, quando si accampa diritto di ferie o si afferma che non ci sono poveri nella parrocchia, allora provo la stessa tentazione di denuncia.
Qualche giorno fa ho letto su un “bollettino parrocchiale” che nei mesi di giugno, luglio e agosto, in una parrocchia con un numero di anime pressappoco uguale a quello che avevo io nella mia, si celebrerà una sola messa; allora scatta in me un sentimento di rifiuto.
Ritengo giusto che i cristiani sappiano quello che debbono pretendere dai loro preti. Oggi tutte le istituzioni, dalla politica alla scuola, dal sindacato alla pubblica amministrazione, sono messe sotto accusa e c’è una richiesta forte di bonifica dei fannulloni e dei furbi. Perché tutto questo non dovrebbe essere opportuno anche per il mondo ecclesiastico?
Sono convinto che una certa denuncia che nasce dall’amore verso la propria Chiesa, non sia una cattiveria, ma un sacrosanto dovere!