Per molto tempo ho condiviso, con gioia interiore, la formula nata dal Concilio Vaticano Secondo, che ha definito la Santa messa “il memoriale della passione, morte e resurrezione di Gesù”. Nel catechismo di san Pio X che mi fu insegnato si diceva che la messa è “la rinnovazione incruenta del sacrificio della croce”.
Sono convinto che la formulazione del Concilio sia più valida, perché passa il concetto che con l’Eucaristia si fa la precisa memoria di un evento lontano nel tempo e che è reso attuale dal rito sacro. Forse si tratta di una sottigliezza, però mi pare che questa precisazione rende più vivo e attuale ciò che è avvenuto venti secoli fa.
Debbo però confessare che neanche questo passo in avanti mi convince completamente più. Penso e tento di passare nella coscienza e nel cuore dei fedeli che celebrano con me il rito eucaristico che ogni celebrazione è un evento religioso assolutamente nuovo, che ci coinvolge personalmente e che avviene in una cornice, in un’atmosfera ed in una situazione esistenziale assolutamente nuova ed irripetibile. Il ricordo di ciò che è avvenuto duemila anni fa è solamente una guida per cogliere meglio e più facilmente il dono e l’esperienza di Dio che andiamo facendo giorno dopo giorno.
Da parecchio tempo vado ribadendo questo concetto, tentando di far comprendere ai fedeli che non vengono alla domenica in chiesa a commemorare un fatto lontano, ma a vivere un avvenimento religioso totalmente nuovo per noi che vi stiamo partecipando.
La difficoltà sta però nel riuscire a coinvolgere totalmente i presenti all’Eucaristia, che talvolta, pur avendo essi un atteggiamento serio e corretto, danno la sensazione di presenziare ad una commemorazione fatta con formule ripetitive.
Quest’anno dicevo ai miei fedeli: «Vedete, noi questa mattina siamo qui poveri, fragili, timorosi, non totalmente convinti che lo Spirito Santo ci può trasformare, può far scattare quel nonsoché che ci dà coraggio e volontà di uscire per dare una testimonianza convincente che Dio è con noi, che non ci lascia soli e che ci offre la possibilità di diventare testimoni credibili».
Rimane spesso, dentro al fedele, una resistenza, un inconscio rifiuto a lasciarsi totalmente coinvolgere, a chiudere gli occhi e a lasciare che lo Spirito entri ed operi quella trasformazione che da soli non riusciremo mai ad attuare.
Ricordo che un tempo, avendo invitato in parrocchia un gruppo di “Rinnovamento dello Spirito” per prepararci ad una festa importante, chi conduceva la preghiera – che per gli aderenti a questo rinnovamento è sempre gioiosa, entusiasta, felice – faceva osservare che taluno di noi era ancora “rigido” e non si apriva allo Spirito. Aveva ragione!
Spero piano piano di riuscirci io per primo per aiutare poi la mia comunità a vivere veramente e in pienezza questa esperienza religiosa esaltante ed autenticamente cristiana.